Alcune storie ci entrano addosso e non vi lasciano più. Quella di Virginia Giuffre è una di queste. Da ragazza reclutata a Palm Beach a simbolo globale della lotta contro lo sfruttamento sessuale, la sua traiettoria è stata fatta di ferite, processi, scelte pubbliche difficili e una battaglia testarda per chiamare le cose con il loro nome. A pochi giorni dall’uscita del suo memoir postumo, nuovi capitoli si sono aperti anche altrove: un’email del 2011 di Prince Andrew a Jeffrey Epstein che riaccende le domande su quanto davvero fossero “tagliati i ponti”, e una sequenza di decisioni giudiziarie negli Stati Uniti che cambiano la trasparenza su atti e archivi del caso Epstein.

Virginia non c’è più da aprile 2025: la famiglia ha spiegato che si è tolta la vita nella sua casa nell’Australia Occidentale, dove viveva con i figli. Aveva 41 anni. La notizia è stata resa pubblica con un comunicato dei parenti e confermata dalla stampa internazionale; delle indagini non sono emersi elementi di sospetto. A chi le ha voluto bene restano un dolore immenso e un lascito che non possiamo permetterci di smarrire. Possiamo farlo nostro? Possiamo fermarci e ascoltare quello che chiedeva da anni: credere alle sopravvissute, aprire i dossier, cambiare i meccanismi che proteggono i potenti.
Il libro che arriva ora, con tutto il peso della verità di chi c’era
“Nobody’s Girl: A Memoir of Surviving Abuse and Fighting for Justice” esce il 21 ottobre 2025 (Knopf negli USA; Doubleday nel Regno Unito; edizione australiana Penguin Random House). Sono 400 pagine chiuse da Virginia prima della morte, scritte negli ultimi anni con la giornalista Amy Wallace. Dentro, un racconto diretto del reclutamento a Mar‑a‑Lago quando aveva 16 anni, dell’ingresso nel mondo di Epstein e Ghislaine Maxwell, e delle accuse – già rese note in sedi legali – di essere stata trafficata verso uomini potenti, tra cui il Duca di York, che continua a negare. Il volume è già in prevendita e uscirà anche in ebook e audiolibro lo stesso giorno.
Le anticipazioni pubblicate questa settimana mettono nero su bianco dettagli inediti: il “gioco” in cui Andrew avrebbe dovuto indovinare la sua età, la frase («sembrava convinto che fosse un suo diritto di nascita») con cui Giuffre descrive l’atteggiamento del principe, e tre episodi che lei colloca tra Londra, New York e i Caraibi. Andrew nega da sempre e nel 2022 ha chiuso la causa civile con un accordo extragiudiziale senza ammissione di responsabilità. Per chi vorrà leggere, quelle pagine arrivano con la cornice di una voce editoriale – quella di Wallace – che chiarisce il metodo di controllo e il perché di alcune scelte narrative.
L’email del 2011: “we are in this together”
Nel mosaico che si compone, c’è un tassello nuovo: un’email del febbraio 2011 in cui Andrew scrive a Epstein “we are in this together”, “restiamo in stretto contatto”, “giocheremo ancora presto”. Il messaggio, pubblicato dai media britannici e ripreso da testate internazionali, risale al giorno successivo alla diffusione della foto che ritrae Andrew con Giuffre e Maxwell. Non è un dettaglio neutro: contraddice la versione fornita nel 2019 dal Duca di York, secondo cui i rapporti con Epstein si sarebbero chiusi nel dicembre 2010. Dal palazzo, nessun commento.
Questo elemento non riscrive da solo la storia, ma la illumina da un’angolazione netta: quanto a lungo e con che tono Andrew mantenne i contatti con Epstein dopo aver detto di averli interrotti? È una domanda che pesa anche sul modo in cui saranno lette le pagine del memoir che riguardano il principe.
Gli ultimi mesi: fragilità, tribunali, silenzi
Nell’inverno‑primavera 2025, la vita privata di Virginia era lacerata. Dall’Australia arrivano atti e note di udienza su un ordine di restrizione per violenza familiare ottenuto dal marito; un procedimento per presunta violazione di quell’ordine è stato rinviato ad aprile e poi a giugno. Dopo la sua morte, l’azione è stata archiviata. In parallelo, lei aveva denunciato pubblicamente di aver subito anni di abusi domestici; gli organi di polizia, contattati dalla stampa, non avevano però segnalato incriminazioni a carico del coniuge. Qui fermiamo la cronaca: per il resto parlano i documenti e il rispetto dovuto ai figli.
In aprile la famiglia ha annunciato il decesso, chiedendo di ricordarla per ciò che aveva fatto per le altre sopravvissute. Le esequie si sono svolte in forma privata in Australia alcune settimane dopo.
Cosa cambia nei tribunali USA: trasparenza e limiti
Sul fronte giudiziario, il 23 luglio 2025 la Corte d’Appello del Secondo Circuito ha parzialmente corretto il Tribunale di New York nella causa Giuffre v. Maxwell (quella per diffamazione chiusa nel 2017), ordinando una nuova revisione dei sigilli su diverse carte e chiarendo che anche le motion non decise prima della conciliazione possono essere “documenti giudiziari” soggetti al diritto di accesso. Un passo che, in prospettiva, può contare.
Nel frattempo, la Corte Suprema USA ha respinto il 6‑7 ottobre 2025 il ricorso di Ghislaine Maxwell sulla condanna per traffico sessuale, rendendo più stabile il quadro penale a cui il libro di Giuffre fa continuamente riferimento. E un altro fronte – quello delle trascrizioni dei gran giurì – ha visto negli ultimi mesi uno scontro tra Dipartimento di Giustizia e giudici, con respingimenti e rimandi che, al momento, mantengono molti atti sotto sigillo.
Un’eredità che non finisce con un titolo di coda
L’organizzazione creata da Virginia, SOAR – Speak Out, Act, Reclaim, continua a spingere sul sostegno alle sopravvissute e sull’educazione pubblica. Non è un logo in un sito: è una comunità che chiede di non abbassare lo sguardo – nelle scuole, nei tribunali, nelle redazioni. Negli ultimi mesi abbiamo visto attiviste, famiglie e avvocate tornare a Washington e nei parlamenti locali per chiedere la pubblicazione di archivi e registri di volo, con protezioni adeguate per le vittime. Voi che leggete, vi va di considerare concretamente cosa significhi sostenere chi denuncia? Una donazione? Un libro letto in classe? Una richiesta formale di accesso agli atti? Sono azioni più potenti di quanto appaiano.
Cosa aspettarci nei prossimi giorni
Dal 21 ottobre il memoir sarà sugli scaffali. È inevitabile che emergano nuove domande e che arrivino smentite, precisazioni, analisi riga per riga. Sta a tutti no – giornali, lettori, istituzioni – misurare le parole, distinguere tra accuse, prove e sentenze, ricordare che esistono persone in carne e ossa dietro ogni documento. Di Virginia resta una frase che oggi pesiamo più di prima: “Fate luce, ma non dimenticate chi la deve reggere ogni giorno.” Il resto, per una volta, possiamo farlo noi.