Un disco che abbraccia la contraddizione e la trasforma in bellezza: con Antologia della vita e della morte, in uscita il 17 ottobre per Warner Music Italy, Irama apre un varco emotivo nuovo. Tra intimità e impatto, lo sguardo corre già al 2026, quando il suo nome illuminerà San Siro. Fragilità, forza, memoria: qui ogni canzone è una confessione che respira.

Un titolo che abbraccia gli opposti
Chiamarla “antologia” non è un vezzo: è un manifesto. Nelle pagine musicali che compongono il nuovo lavoro, Filippo Maria Fanti intreccia vita e morte come categorie emotive e simboliche, unendo eros e malinconia, rabbia e disincanto. L’idea del doppio, che attraversa culture e secoli, diventa qui grammatica narrativa. È una raccolta di storie che si guardano allo specchio e non hanno paura di dirsi la verità, anche quando brucia, anche quando consola.
Il dialogo tra luce e ombra scorre nelle tracce come una corrente sotterranea. Brani come “Circo” o “Mi mancherai moltissimo” incarnano la vertigine della perdita, mentre “Il giorno” affiora come promessa di chiarore dopo la notte. Nel vocabolario dell’album convivono dimensioni personali e archetipi antichi: dal yin e yang alla poesia che attraversa De André e l’eco di Spoon River. È un atlante emotivo che non teme di nominare le cose con il loro nome.
La materia sonora: tre anni di scrittura, un unico respiro
Il tempo di gestazione è stato lungo, quasi un romanzo: tre anni di scrittura e riscrittura per cercare un equilibrio tra istinto e misura. L’insicurezza, raccontata senza maschere in un recente video, diventa carburante creativo: la “perfezione” smette di essere alibi e si trasforma in onestà. In questa traiettoria s’inserisce “Lentamente”, presentata al Festival di Sanremo 2025 (75ª edizione), dove ha chiuso al nono posto, tassello dichiarato di un percorso che oggi trova sintesi nel disco. Non un punto d’arrivo, ma un atto di fede nella propria voce.
Il suono, più suonato che programmato, tiene insieme sfumature e contrasti. L’album si presenta come un organismo coerente, con un fil rouge timbrico che attraversa il racconto dall’inizio alla fine. Irama sceglie arrangiamenti che respirano, privilegia la dinamica e lascia spazio ai silenzi che pesano quanto le parole. Questa volta non cerca cornici dorate: cerca pelle, legno, corde, fiato, una vibrazione viva che sostenga il peso delle storie.
Le collaborazioni come specchi
Le porte dell’“antologia” si aprono anche a incontri che amplificano le sfumature del racconto. “Ex” con Elodie, pubblicata il 29 agosto 2025, è il confronto a cuore aperto di due voci che si riconoscono nelle ferite: un dialogo in bianco e nero anche nel videoclip diretto da Attilio Cusani. In radio, il brano ha scalato l’airplay fino al primo posto nella settimana 40, a ridosso del concerto di Verona. Una confessione in due atti, sospesa tra orgoglio e resa.
Dentro il disco brillano poi “Arizona” con Achille Lauro, brano di carne e desiderio, e “Buio” con Giorgia, una ballad che affida alla sua voce un’increspatura di luce nelle tenebre. Queste presenze non sono semplici cameo: sono contrappunti emotivi che dilatano la prospettiva dell’autore, restituendo tridimensionalità al racconto. Ogni duetto è una stanza diversa della stessa casa, con fotografie e ombre appese alle pareti.
Brani-chiave: dall’abisso alla carezza
C’è un centro di gravità che attrae tutto: “Mi mancherai moltissimo”. È un varco doloroso, trattato con rispetto, dove la lingua si fa sottile per non oltrepassare la soglia dell’intimità altrui. Gli archi guidati insieme a Davide Rossi disegnano un finale che scuce e ricuce, lasciando addosso un bruciore buono. Sul palco dell’Arena di Verona, il 2 ottobre, quel brano è arrivato per ultimo: un saluto in punta di piedi, lo stesso con cui si chiude una lettera importante.
Intorno, altre traiettorie: “Circo” come metafora di un equilibrio precario, “Il giorno” come invocazione di una rinascita che porta con sé l’idea di Cesare Pavese, il dolore che scava e scolpisce. In questa mappa ogni traccia trova posto, dal sussurro alla vertigine. La tracklist, resa pubblica nelle scorse settimane, conferma un impianto narrativo che alterna carne viva e contemplazione, fino a un congedo che sa di aria aperta. È un diario che non pretende risposte, ma pretende sincerità.
Il live come rito: Verona e la rotta verso San Siro
La prova del nove è stata a Verona: una serata dal respiro domestico, con il palcoscenico dell’Arena trasformato in una casa, stanza dopo stanza, per far entrare il pubblico dentro il racconto. Tra i brani inediti presentati, oltre a “Mi mancherai moltissimo”, anche “48 ore”, “Circo” e “Tutto tranne questo”. Niente orpelli, solo il lusso dell’essenziale, per ribadire che l’impatto nasce dall’ascolto prima ancora che dallo sfarzo.
La bussola ora punta verso Milano: l’11 giugno 2026 il debutto allo Stadio San Siro promette uno spettacolo totale, costruito con cura artigianale e ambizione scenica. Dopo l’anteprima di Verona e un’annata segnata da concerti esauriti, l’annuncio dello stadio è arrivato come naturale approdo di un percorso che non confonde la musica con il mero business. Sarà una festa, ma prima di tutto sarà un’opera.
Autenticità, mestiere e scena
Nel grande dibattito sull’autenticità, l’artista rovescia la prospettiva: ciò che conta è che qualcosa arrivi. La storia delle arti lo insegna: la verità dell’interpretazione non coincide per forza con la biografia. La semplicità è la conquista più difficile, e la professionalità il grimaldello per aprirle la porta. In questa visione, ogni canzone è un atto responsabilmente artigianale, dove il mestiere affila l’istinto senza addomesticarlo.
È un’idea che attraversa tutto il progetto: togliere, cesellare, lasciare che un dettaglio ben messo dica più di mille effetti. La credibilità non è posa, è l’esito di una disciplina che non teme il tempo lungo, la riscrittura, la pausa. Così l’“antologia” non è una collezione di trofei, ma un cantiere aperto dove ogni stanza ha l’odore di vernice fresca e il rumore degli strumenti appoggiati al muro.
Domande rapide, risposte vere
Quando esce l’album e in quali formati si potrà acquistare? La pubblicazione è fissata per venerdì 17 ottobre 2025 sotto etichetta Warner Music Italy. Oltre allo streaming, sono previste edizioni fisiche: CD, versioni autografate e vinile in più varianti. La pagina ufficiale dello shop dell’etichetta ne ha anticipato disponibilità e descrizione editoriale, confermando l’impianto concettuale del progetto tra memoria, assenza e slanci di luce.
Quali sono i featuring e che ruolo hanno nel racconto? Tre gli incontri chiave: Elodie in “Ex”, Achille Lauro in “Arizona” e Giorgia in “Buio”. Non sono comparse, ma sguardi che incrociano quello dell’autore, ampliandone il respiro emotivo. Le anticipazioni pubblicate da testate come la radio ufficiale della musica italiana e i canali d’informazione hanno presentato la tracklist completa e il senso di questi innesti.
Cosa aspettarsi dal prossimo grande concerto? Una produzione generosa, pensata per San Siro l’11 giugno 2026, con una drammaturgia capace di far convivere energia, intimità e immagini. Dopo Verona, dove la scena è diventata casa, l’approdo milanese è stato raccontato come un passaggio naturale, annunciato dalle principali testate musicali e generaliste. L’obiettivo dichiarato è un’esperienza dal vivo che resti, che si possa ricordare anche a occhi chiusi.
Che legame c’è tra questo progetto e Sanremo 2025? “Lentamente” ha segnato l’ultima apparizione al Festival di Sanremo, nell’edizione numero 75, con un nono posto in classifica. Quell’esperienza ha lasciato una scia nella scrittura dell’album, senza trasformarsi in ossessione di vittoria. La cronaca della serata finale, raccontata da diverse agenzie e canali pubblici, ha restituito il contesto: competizione serrata e un podio che si è giocato fino all’ultimo giro di voti.
Un congedo che resta addosso
Questo lavoro ci è arrivato addosso come pioggia d’estate: improvviso e necessario. Nel suo lessico, Irama mette ordine al caos con la sola autorità delle emozioni. Antologia della vita e della morte non indulge nella retorica del dolore, lo attraversa. Ne esce un album che non si limita a raccontare: crea un luogo dove riconoscersi senza paura, dove la fragilità smette di essere difetto e diventa linguaggio condiviso.
Guardando al 2026, il viaggio dal salotto dell’Arena di Verona alle gradinate di San Siro racconta una crescita che non ha fretta, costruita su rispetto, cura e ambizione. È questa la rotta che scegliamo di seguire e raccontare: quella in cui la musica, prima di tutto, rimane umana. E quando l’ultima nota si spegne, rimane la sensazione più preziosa: essere stati, per un’ora, dentro una storia che ci riguarda.