L’Unione Europea alza l’asticella della propria sicurezza: una tabella di marcia fino al 2030 che intreccia difesa aerea, confini orientali, droni e spazio, con scadenze ravvicinate e controlli annuali sui progressi. Non uno slogan, ma un elenco di obiettivi misurabili, dal “muro” antidroni allo scudo spaziale, per rendere concreta la deterrenza.

Un cambio di passo che non ammette rinvii
La Commissione Europea e l’Alta Rappresentante Kaja Kallas hanno presentato il 16 ottobre 2025 la comunicazione “Preserving Peace – Defence Readiness Roadmap 2030”, il perno di un percorso che definisce traguardi, verifiche e responsabilità per rafforzare le capacità comuni. Nelle parole della presidente Ursula von der Leyen, serve proteggere “ogni cittadino e ogni centimetro” del territorio, traducendo i piani in risultati misurabili e condivisi. La roadmap non riscrive la difesa nazionale, ma coordina e accelera dove l’azione congiunta rende di più, fissando tempi stretti per le prime realizzazioni operative.
La spinta arriva da una minaccia ibrida e continua: sconfinamenti aerei, sorvoli di droni su siti sensibili e cyberattacchi hanno mostrato vulnerabilità reali, come ricordato da von der Leyen nell’Aula di Strasburgo. Sullo sfondo, una Russia che nel 2025 destina oltre il 6% del Pil alla difesa e circa il 40% della spesa federale a sicurezza e apparato militare, segno di un’economia sempre più militarizzata. Di qui l’urgenza, per l’UE, di un salto di qualità nel coordinamento industriale e operativo.
Droni, confini e spazio: i quattro progetti bandiera
Punto di partenza sono quattro progetti europei “cardine”. La European Drone Defence Initiative– nata dall’idea del “muro” antidroni e ripensata come rete a più livelli – punta a una capacità iniziale già tra fine 2026 e inizio 2027, fino alla piena funzionalità entro la fine del 2027. Il disegno integra sensori, guerra elettronica e intercettori, valorizzando anche il know‑how sviluppato dall’Ucraina in guerra. Il calendario stringente è accompagnato da procedure rapide per gli acquisti congiunti.
Accanto alla rete antidroni, l’Eastern Flank Watch mette in sicurezza la frontiera orientale su terra, aria e mare, con l’obiettivo di essere pienamente operativo entro il 2028. Completano il quadro lo European Air Shield contro missili e minacce aeronautiche e lo European Space Shield per la protezione di satelliti e servizi orbitali: progetti di sistema, che la Commissione inquadra senza forzare date definitive di piena capacità, ma con l’avvio delle attività già dal 2026 nel dominio spaziale.
Dalla frammentazione alla massa critica: coalizioni di capacità e acquisti congiunti
La roadmap chiede agli Stati membri di costituire coalizioni di capacità in nove aree chiave per colmare lacune critiche con sviluppo e procurement comuni: difesa aerea e missilistica; “abilitatori” strategici; mobilità militare; sistemi d’artiglieria; cyber, IA e guerra elettronica; missili e munizioni; droni e contromisure; combattimento terrestre; capacità marittime. È un’agenda che parte dall’analisi condivisa delle carenze e lega ogni cluster a obiettivi concreti e verificabili, così da evitare duplicazioni e dispersioni nazionali.
Per spezzare la logica degli ordini “solitari” e non interoperabili, Bruxelles propone di portare fino al 40% gli acquisti congiunti entro la fine del 2027 come traguardo intermedio, con gare e contratti avviati già nel 2026. Il principio è semplice: standard comuni, maggiore forza contrattuale, tempi di consegna più rapidi. È un cambio di mentalità che mira a trasformare la spesa in deterrenza credibile e subito spendibile sul terreno.
Cruciale è anche la mobilità militare: entro il 2027 dovrà nascere un’area europea con regole armonizzate e una rete integrata di corridoi terrestri, aeroporti e porti per muovere rapidamente truppe e materiali, in stretto coordinamento con la NATO. Significa tagliare burocrazia, testare infrastrutture e assicurare che il supporto logistico sia all’altezza di scenari ad alta intensità.
Numeri, leve finanziarie e industria
Secondo i dati della European Defence Agency, nel 2024 la spesa per la difesa dei 27 ha raggiunto i 343 miliardi, con investimenti a quota 106 miliardi e 88 miliardi destinati a nuovi equipaggiamenti; per il 2025 la proiezione arriva a circa 392 miliardi a prezzi correnti. Ma la trasformazione non è solo quantitativa: dopo anni di acquisti dispersi e, in molti casi, extra‑UE, l’obiettivo è ricostruire filiere e massa critica all’interno del mercato europeo.
Per finanziare la corsa alla prontezza, la Commissione indica leve straordinarie: il programma di prestiti SAFE da 150 miliardi, l’uso della “clausola nazionale di salvaguardia” che può liberare fino a 650 miliardi in più spesa nel quadriennio e la possibilità, su base volontaria, di reindirizzare fondi UE verso la difesa. Si sommano il riorientamento dell’EIB, con un tetto di prestiti portato a 100 miliardi nel 2025, e meccanismi per attrarre capitali privati in tecnologie critiche.
Obiezioni, consensi e la prova dei fatti
La costruzione di una rete europea antidroni incontra riserve politiche e tecniche. Il presidente Emmanuel Macron ha definito “non del tutto realistica” l’idea di un “muro” lungo oltre tremila chilometri, sostenendo che serva potenziare difesa aerea, allerta precoce e capacità a lungo raggio. Anche Francia e Germania valutano con prudenza quanta regia affidare a Bruxelles, mentre i Paesi baltici spingono per tempi stretti. È il segno di un dibattito vivo, ma dentro una consapevolezza comune sull’urgenza.
La road map, intanto, mette nero su bianco scadenze immediate: via libera politico e preparazione dei bandi tra fine 2025 e inizio 2026, capacità iniziali già nel 2026, piena operatività della rete antidroni entro la fine del 2027 e Eastern Flank Watch entro il 2028. Restano da definire governance e riparto dei costi, ma il baricentro si sposta dalla retorica all’implementazione, con monitoraggi annuali e responsabilità diffuse.
Domande rapide, risposte chiare
Che cos’è davvero la European Drone Defence Initiative? È una rete a più livelli per scoprire, tracciare e neutralizzare droni: sensori civili e militari interconnessi, guerra elettronica, intercettori “a costo sostenibile” e protocolli comuni di intervento. Non un’opera lineare, ma un sistema distribuito capace di proteggere infrastrutture, confini e aree sensibili, con capacità iniziali entro il 2026 e piena funzionalità entro il 2027, secondo le tempistiche proposte dalla Commissione.
Cosa comprende l’Eastern Flank Watch? È un pacchetto integrato per la frontiera orientale: difesa aerea stratificata, contromisure contro droni, sorveglianza marittima, controllo del terreno e supporto logistico. L’obiettivo è coordinare forze e tecnologie dei Paesi interessati, con piena operatività entro la fine del 2028. La funzione è duplice: prevenire le intrusioni e accorciare drasticamente i tempi di reazione in caso di crisi.
Quando arriveranno scudo aereo e scudo spaziale? Il progetto di European Air Shield si innesta sulle esigenze antiaeree e antimissile emerse con la guerra in Ucraina, mentre lo European Space Shield proteggerà asset e servizi orbitali. Il documento non impone una data di piena capacità, ma attività e cooperazioni industriali sono previste già dal 2026 per il dominio spaziale, con un percorso di implementazione graduale e verifiche costanti.
Quanto contano gli acquisti congiunti? Moltissimo: standard comuni e contratti condivisi evitano duplicazioni e riducono costi e tempi. La tabella di marcia fissa un traguardo intermedio del 40% di procurement congiunto entro il 2027, mentre i benchmark industriali di più lungo periodo invitano ad aumentare la quota di spesa all’interno dell’UE e gli scambi intra‑europei entro il 2030. È il passaggio dalla somma di interessi nazionali a una massa critica europea.
Quanti soldi serviranno e da dove arriveranno? Nel 2024 la spesa dei 27 è salita a 343 miliardi e per il 2025 le stime parlano di circa 392 miliardi a prezzi correnti. Le leve europee includono i prestiti SAFE (150 miliardi), margini fiscali aggiuntivi grazie alla clausola di salvaguardia nazionale e l’ampliamento della capacità di prestito della BEI a 100 miliardi nel 2025, per sostenere anche progetti dual‑use e rafforzare la base industriale.
Che cosa cambia per la mobilità militare in Europa? Entro il 2027 dovrà esistere un’area europea con procedure uniformi e una rete di corridoi stradali, ferroviari, aeroporti e porti pronta a muovere rapidamente mezzi e reparti. È una riforma “abilitante” che vale quanto i sistemi d’arma: senza corridoi, autorizzazioni rapide e infrastrutture adatte, la deterrenza resta teorica. Il tutto in stretto raccordo con NATO e pianificazione nazionale.
Oltre la metafora del muro: responsabilità e unità
Non esiste una barriera perfetta: lo ha ricordato anche Emmanuel Macron, invitando a non cullarsi in immagini semplici per problemi complessi e a potenziare in parallelo difesa aerea, allerta e capacità di lungo raggio. La lezione è che la sicurezza europea si costruisce con ridondanza, interoperabilità e prontezza. La forza della risposta non sta nel singolo “pezzo” tecnologico, ma nella rete che lo rende efficace e nell’addestramento che lo rende immediatamente impiegabile.
In questa stagione cruciale, il nostro sguardo resta puntato sui risultati: tempi, milestone e trasparenza. La promessa contenuta nella roadmap è semplice e impegnativa insieme: misurare per fare, fare per dissuadere, dissuadere per preservare la pace. Racconteremo questo percorso con la stessa attenzione con cui si seguono i cantieri importanti: verificando avanzamenti, criticità e impatti reali sulla vita dei cittadini europei.