Marina Calderone sceglie Treviso e il festival StatisticAll per scandire un messaggio chiaro: quando il lavoro corre, è il tempo di consolidare e investire. Non una celebrazione, ma un invito a trasformare la congiuntura in prospettiva, mettendo a terra politiche che accompagnino numeri in crescita e li rendano duraturi.

Numeri che spingono a investire
L’intervento della ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali arriva nel panel “La questione demografica e la crescita dell’occupazione”, inserito nel programma di StatisticAll, il festival della statistica e della demografia che si svolge a Treviso. La cornice è significativa: un confronto pubblico centrato su dati e tendenze, con il coinvolgimento della presidenza Istat e degli uffici stampa dell’istituto, come previsto dal programma ufficiale. È in questo contesto che la ministra richiama l’urgenza di investire per dare continuità a una fase positiva dell’occupazione.
La spinta è sostenuta da indicatori recenti: il tasso di disoccupazione italiano è sceso al 6%, ai minimi dal 2007 e inferiore alla media dell’area euro intorno al 6,2%. È un passaggio non banale nella storia del mercato del lavoro nazionale, che fotografa un equilibrio più vicino agli standard europei. Gli ultimi aggiornamenti segnalano anche un tasso di occupazione in aumento e una riduzione della disoccupazione giovanile, dinamiche che alimentano l’ottimismo prudente evocato dalla ministra.
Sud che accelera: segnali dal Mezzogiorno
Nella lettura proposta a Treviso, uno dei punti più forti riguarda il Mezzogiorno. La fotografia più aggiornata dice che, nel secondo trimestre, l’occupazione nel Sud ha oltrepassato il 50% tra i 15 e i 64 anni, toccando il miglior valore dall’avvio delle serie storiche nel 2004. Un traguardo che, pur lontano dai livelli delle aree più dinamiche del Paese, indica una tendenza che merita attenzione, perché redistribuisce – almeno in parte – la crescita lungo la dorsale meridionale.
A corroborare questa traiettoria, più analisi convergono su un clima economico in miglioramento nel Sud, favorito da investimenti infrastrutturali e da risorse legate al Piano di Ripresa e Resilienza. Si osservano rientri di lavoratori, un rafforzamento dell’edilizia e cantieri strategici con ricadute occupazionali nelle regioni di Sicilia, Campania e Calabria. Il quadro non è privo di condizioni e avvertenze, ma la direzione è indicativa di un potenziale restringimento del divario storico tra le macro-aree del Paese.
Donne e giovani, tra progressi e nodi strutturali
Nel segnale positivo richiamato dalla ministra rientrano donne e giovani. La disoccupazione under 25 è scesa sotto il 19% in estate, con un’evoluzione favorevole rispetto all’anno precedente. Anche l’occupazione femminile ha toccato livelli storicamente elevati, pur tra oscillazioni mensili e divari ancora marcati nella qualità del lavoro e nei percorsi di carriera. Queste tendenze, lette accanto al calo della disoccupazione complessiva, nutrono l’idea che il momento vada trattenuto, rendendo le traiettorie non episodiche ma stabili.
Resta però evidente un profilo strutturale del mercato: la crescita occupazionale degli ultimi anni è stata trainata soprattutto dagli over 50, mentre le coorti più giovani faticano a riagganciare pienamente i livelli pre-crisi. Gli stessi dossier istituzionali invitano a non sottovalutare il bacino degli inattivi e l’urgenza di alzare la partecipazione, perché la dinamica demografica tende a contrarre la popolazione in età da lavoro. È un punto che rende credibile la richiesta di trasformare i segnali congiunturali in politiche durature.
Manovra e priorità: continuità al ciclo del lavoro
Nel passaggio sulla manovra di bilancio, la linea illustrata è di ribadire l’attenzione ai redditi e al sostegno della produttività. La riduzione del cuneo resa strutturale e la conferma degli interventi fiscali su scaglioni Irpef puntano ad ampliare il respiro delle buste paga e a sostenere la domanda interna, mentre gli incentivi ai premi di risultato restano orientati a legare salario e performance. È un disegno che cerca di stabilizzare quanto maturato nell’ultimo biennio, con un orizzonte pluriennale.
Nelle ultime ore la ministra ha inoltre ribadito lo stanziamento di circa 2 miliardi a favore del lavoro, della produttività e del rinnovo dei contratti, segnalando la volontà di dare copertura concreta alle misure. L’indirizzo, confermato da interventi pubblici e da anticipazioni sulla prossima legge di bilancio, mira a favorire l’adeguamento salariale al costo della vita e a sostenere la contrattazione. L’idea di “investire quando le cose vanno bene” diventa così una direttrice di politica economica.
Il nodo salario minimo e l’autonomia negoziale
La posizione sul salario minimo legale resta netta: contrarietà a un parametro orario fissato per legge che, nelle parole della ministra, rischierebbe di comprimere l’autonomia delle parti sociali e di indebolire il valore complessivo del contratto collettivo. Il tema, riemerso con forza nel dibattito politico, viene ricondotto alla qualità della contrattazione, agli istituti aggiuntivi e alle garanzie che essa incorpora, a partire dal welfare e dalla previdenza complementare.
Allo stesso tempo, le opposizioni hanno rilanciato con decisione l’introduzione di una soglia minima, sottolineando l’urgenza di intervenire sui salari bassi e sul lavoro povero. Il confronto rimane aperto e segna una delle linee di faglia più visibili tra esecutivo e minoranze, con proposte che prevedono una soglia di riferimento e un rinforzo dei contratti più rappresentativi. Nel frattempo, la discussione parlamentare è tornata più volte in agenda, senza approdare a un accordo condiviso.
Domande rapide per orientarsi
Perché “investire adesso” e non attendere? Perché la fase con disoccupazione al 6% e occupazione in salita offre un terreno fertile per consolidare i progressi: anticipare gli investimenti nei rinnovi, nella produttività e nelle competenze riduce il rischio che il ciclo positivo si disperda, soprattutto mentre l’Italia recupera terreno sulla media europea e il Sud mostra segnali di accelerazione che vanno sostenuti con politiche mirate e continuità di risorse.
Quali sono i punti di forza della manovra sul lavoro? La stabilizzazione del taglio al cuneo, gli interventi Irpef e il sostegno ai premi di risultato puntano a dare più respiro ai redditi e a legare retribuzioni e performance. Lo stanziamento di circa 2 miliardi indirizzato a lavoro, produttività e rinnovi segnala la volontà di accompagnare i dati con scelte di bilancio che rafforzino i contratti e la domanda interna, dentro un percorso pluriennale.
Donne e giovani: che cosa dicono i numeri più recenti? La disoccupazione giovanile è scesa sotto il 19% in estate e l’occupazione femminile ha raggiunto livelli elevati, pur con differenze qualitative e interruzioni. La dinamica positiva convive con nodi irrisolti: la partecipazione resta più fragile tra i più giovani e il bacino degli inattivi è ampio, ragioni per cui servono politiche attive robuste e interventi mirati alla conciliazione e alla formazione.
Il Mezzogiorno può trainare la crescita? I segnali recenti dicono che il tasso di occupazione ha superato il 50% e che progetti infrastrutturali e risorse straordinarie stanno innescando cicli locali di lavoro, specie nelle costruzioni. È un’opportunità concreta, ma richiede stabilità degli investimenti, servizi più forti e politiche che trasformino i rientri in permanenze, consolidando filiere e produttività nel medio periodo.
Una rotta da proteggere, con responsabilità
Il racconto emerso a StatisticAll non è un brindisi, ma una chiamata alla responsabilità: i dati incoraggianti devono diventare infrastrutture sociali, rinnovi contrattuali, produttività sostenuta e competenze diffuse. La politica economica ha il compito di proteggere questa rotta in una fase in cui demografia, partecipazione e qualità del lavoro decideranno la tenuta della crescita. Se il momento è giusto, lo è perché chiede di essere colto senza esitazioni, con scelte coerenti, verificabili e fondate su evidenze pubbliche.