La nuova pellicola di Riccardo Milani sceglie la Sardegna come cuore narrativo e simbolico. Un film che mette al centro dignità, radici e ascolto reciproco, aprendo la 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma con una storia capace di parlare a tutti: la comunità, il lavoro, la terra e il mare come bene comune.

Un’apertura che parla di identità
La 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma si svolge dal 15 al 26 ottobre 2025, all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, e si apre con “La vita va così”. La selezione fuori concorso nella sezione Grand Public è stata annunciata dalla Fondazione Cinema per Roma, segnando un’apertura che predilige un racconto popolare, riconoscibile, ma al tempo stesso politico e civile nella sua semplicità. Il film, nelle intenzioni del regista, intreccia vent’anni di scelte, ripensamenti e resistenze in un lembo di costa del sud dell’isola.
Dopo la première capitolina, l’opera arriva nelle sale italiane il 23 ottobre 2025, con distribuzione Medusa Film e PiperFilm. Una data che consolida il lancio in un periodo di massimo interesse per il pubblico e che si accompagna a trailer e poster diffusi a metà settembre. La curatela artistica di Paola Malanga e la scelta di inaugurare il cartellone con un titolo dal passo popolare indicano la precisa volontà di dialogare con la platea più ampia possibile.
Una vicenda vera che ha segnato il Sud Sardegna
Il film prende ispirazione da una storia reale che ha fatto discutere l’Italia: la battaglia di Ovidio Marras, allevatore del Teuladino, tra Tuerredda e Capo Malfatano, che si oppose alla trasformazione della costa in un resort extralusso. La cronaca, ricostruita da più testate, ha ricordato la scomparsa di Marras il 6 gennaio 2024 e il suo no a offerte sempre più ingenti pur di difendere casa, stradello e pascoli. Un caso che ha messo a nudo il conflitto tra promessa di sviluppo e tutela del paesaggio.
Nella ricostruzione giornalistica, quel contenzioso legale ruotava attorno alla SITAS e a un progetto turistico ritenuto invasivo; nel 2018 la società venne dichiarata fallita dal Tribunale di Cagliari, epilogo che sancì di fatto un punto fermo nella lunga contesa. La caparbietà di Marras, raccontata negli anni anche dalla stampa sarda, è il nucleo morale da cui il film mutua respiro e tono, spostando però l’asse sul rapporto fra individuo e comunità, oltre gli atti giudiziari.
Il cuore del film: la comunità e i contrasti
In “La vita va così” l’allevatore diventa Efisio Mulas (interpretato da Giuseppe Ignazio Loi), uomo anziano e ostinato, proprietario di un terreno affacciato su una spiaggia ribattezzata “Bellesa Manna”. Dall’altra parte c’è l’imprenditore Giacomo (Diego Abatantuono), determinato ad acquistare ogni appezzamento per aprire un resort a cinque stelle. Tra loro, la figlia Francesca (Virginia Raffaele) e un paese intero che, spinto dal bisogno di lavoro, finisce per voltare le spalle al pastore. La trama, svelata dal regista in dialogo con la stampa, fa emergere una frattura collettiva che è anche specchio del Paese.
La sceneggiatura, firmata da Riccardo Milani e Michele Astori, mette a fuoco la pressione che grava sui più fragili quando “l’occupazione” diventa ricatto emotivo. Non c’è mai un giudizio urlato: c’è il peso di una scelta e l’eco delle ripercussioni su chi abita quei luoghi. In controluce, la domanda che attraversa l’intero racconto: è possibile trovare un’intesa che salvi dignità e prospettive? L’intento dichiarato dal regista è quello di restituire una lezione etica nata ai margini delle mappe più battute.
Interpreti, dialetti e trasformazioni in scena
Virginia Raffaele costruisce una Francesca fiera, energica, capace di sostenere intere sequenze in sardo, lingua che cambia registro da paese a paese. L’attrice ha raccontato quanto sia stato impegnativo tenere l’intonazione senza forzature, cercando la credibilità dentro emozioni forti, persino quando la rabbia rischia di tradire l’accento. Il risultato è un personaggio che attraversa l’ostinazione del padre e la ferita della comunità, fino a farsi ponte tra mondi che raramente si ascoltano davvero.
Diego Abatantuono interpreta l’imprenditore con un insolito passo meditativo: un uomo convinto di avere ragione, più incline a ponderare che a scattare. La sua figura si scontra con la resistenza silenziosa di Efisio, trovandosi a misurare il valore del limite. Accanto a loro, Aldo Baglio dà spessore a un collaboratore del magnate che inizia dalla parte del capitale e approda, col tempo, a una forma di coscienza; il suo sguardo si apre anche al sentimento, avvicinandosi a Francesca. Il tono alterna ironia e compassione, senza cancellare il conflitto.
Il cast si estende a Geppi Cucciari, giudice nata nel vento dell’isola, chiamata a una decisione che richiede rigore e umanità. La presenza di interpreti sardi – tra cui Jacopo Cullin e Massimiliano Medda – rafforza la verosimiglianza di luoghi, cadenze, abitudini. La coralità non è decorativa: è il battito che accompagna, con misura, una commedia sociale in cui i volti non attoriali accanto ai professionisti regalano quella porosità con il reale che Milani insegue da anni.
Dedicato a un campione che ha segnato un’epoca
Nei titoli di coda compare un tributo semplice e potente: “A Gigi”. È un gesto che parla della relazione profonda del regista con la Sardegna e con la figura di Gigi Riva, già celebrata in un suo documentario dedicato all’icona del Cagliari. In filigrana, quell’omaggio richiama idee di lealtà, appartenenza, misura: i medesimi assi valoriali che attraversano la vicenda di Efisio e della sua terra.
È difficile non sentirsi interpellati: la dedizione a un luogo, a una memoria condivisa, non ha bisogno di proclami. La dedica finale funziona come bussola emotiva del film e invita a leggere le scelte dei personaggi senza sbrigatività. La Sardegna di Milani non è cartolina né scenario: è relazione, lingua, vento che scalfisce, un ritmo dell’anima che obbliga a fare i conti con se stessi, oltre che con l’altro.
Set, produzione e uscita nelle sale
“La vita va così” è scritto da Riccardo Milani con Michele Astori e prodotto da Our Films (gruppo Mediawan) e Wildside (gruppo Fremantle), in associazione con PiperFilm e Medusa Film, con la collaborazione di Circle One e Netflix. Fotografia di Simone D’Onofrio e Saverio Guarna, montaggio di Patrizia Ceresani e Francesco Renda, scenografia di Marta Maffucci, costumi di Alberto Moretti, musiche di Moses Concas. L’uscita in sala è fissata per il 23 ottobre 2025.
Le riprese si sono svolte principalmente in Sardegna, con base a Cagliari, tra febbraio e aprile 2025, e una breve tranche a Milano. I dati di lavorazione pubblicati su Italy for Movies indicano una troupe numerosa, una lavorazione distesa e un impianto produttivo che ha privilegiato la fisicità dei luoghi, dalle case basse alle strade che portano al mare, custodendo una luce capace di incidere i volti.
In concomitanza con il festival, la produzione ha previsto anteprime pubbliche in Sardegna, con appuntamenti annunciati per venerdì 17 ottobre in due multisala dell’area di Cagliari, alla presenza del regista e del cast principale. È un segnale di attenzione verso il territorio che ha ispirato racconto e immaginario, e che ritrova così la sua comunità riunita in sala.
Cosa ci resta dopo i titoli di coda
La critica ha letto in questo film una commedia amara, capace di abbracciare la leggerezza del sorriso e il peso di una scelta che divide. Si parla di “forza del no”, ma anche del rischio che ogni posizione estrema porti con sé: la tensione tra bisogni concreti e difesa del territorio non si risolve per decreto, vive di limiti e responsabilità. È una discussione che il cinema riapre con tatto, nelle parole e negli sguardi.
Nel nostro mestiere di raccontare, ci interessa ciò che il film smuove: la necessità di ascoltare prima di giudicare, di tenere insieme desideri e paure. Non è un invito all’indifferenza, ma alla lentezza delle decisioni che contano. Qui il mare non è sfondo, è memoria. E ogni personaggio, anche quello che sembra scomodo, chiede di essere compreso prima di essere assolto o condannato.
Domande lampo prima di entrare in sala
Quando esce il film al cinema? L’uscita in sala è fissata per giovedì 23 ottobre 2025. Il lancio arriva a ridosso dell’apertura del festival (15-26 ottobre) e segue la presentazione fuori concorso nella sezione Grand Public. La finestra scelta consente un passaparola immediato tra pubblico e stampa, con una distribuzione targata Medusa Film e PiperFilm che presidia le principali città italiane.
È davvero ispirato a una storia vera? Sì. Il racconto prende spunto dalla vicenda di Ovidio Marras, allevatore del Sud Sardegna che si oppose alla realizzazione di un grande resort tra Tuerredda e Capo Malfatano. La sua scomparsa il 6 gennaio 2024 ha riportato l’attenzione su una battaglia durata anni, con esiti giudiziari noti e un fallimento societario che ha segnato un passaggio decisivo nella contesa.
Chi sono i protagonisti principali? In scena troviamo Virginia Raffaele nel ruolo di Francesca, Diego Abatantuono in quello dell’imprenditore Giacomo, Aldo Baglio come collaboratore che cambia progressivamente sguardo, Giuseppe Ignazio Loi nei panni del pastore Efisio Mulas e Geppi Cucciari nella toga di una giudice. Accanto a loro, interpreti sardi come Jacopo Cullin e Massimiliano Medda aggiungono radicamento e lingua alla coralità.
In quale sezione del festival è stato presentato? Il film è stato selezionato fuori concorso nella sezione Grand Public e ha inaugurato la 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. Una collocazione che sottolinea la vocazione popolare del progetto e la volontà di parlare a un pubblico vasto senza rinunciare al peso dei temi affrontati.
Un ultimo sguardo: la scelta che pesa
Questa storia ci interroga perché non offre scorciatoie. La dignità non si compra, ma richiede fatica, compromessi, tempo. Nel passo del film c’è la maturità di un autore che lascia spazio agli spettatori: chi esce dalla sala porta con sé una domanda, non un responso. È un invito a difendere ciò che amiamo senza smettere di misurare le conseguenze delle nostre decisioni sulla vita di chi ci sta accanto.
Da cronisti e spettatori, riconosciamo a “La vita va così” l’ambizione più difficile: farci discutere con rispetto. È lì che si gioca il suo valore, nell’urto gentile tra sguardi diversi. In un’Italia che teme i conflitti ma li vive ogni giorno, la Sardegna di Milani diventa un luogo dove allenare l’empatia. Non per cedere, ma per capire meglio fin dove possiamo spingerci senza perdere noi stessi.