Nel cuore di Ancona, al 69° Congresso nazionale degli ingegneri, la ricostruzione del Centro Italia compie un passo maturo: dalle macerie a un progetto di futuro. La voce di Guido Castelli richiama l’alleanza con i tecnici e racconta una stagione di opere che puntano a sicurezza, efficienza e dignità per le comunità ferite.

Una svolta che parla al Paese
Nel confronto con i professionisti riuniti ad Ancona, il commissario alla ricostruzione Guido Castelli ha rimesso al centro il ruolo degli ingegneri come motore del “cambio di passo” maturato dopo gli esordi incerti. La linea è chiara: ricostruire significa ripensare il patrimonio pubblico e privato, incluse le chiese, secondo i criteri più avanzati dell’ingegneria sismica e dell’efficienza energetica. È una ricomposizione che guarda alla sicurezza quanto alla qualità della vita, una trama di cantieri e competenze che trasforma l’emergenza in metodo, come sottolineato nelle dichiarazioni rilasciate ad Adnkronos/Labitalia.
Il passaggio dall’urgenza alla programmazione è visibile anche nel ritmo dei cantieri: oggi 9.500 sono in corso e oltre 12.000 risultano chiusi, numeri che danno concretezza a una ripresa costruita insieme alle professioni tecniche. Questo cambio di passo, ribadito a margine del congresso, racconta una ricostruzione che abbandona la logica della toppa per abbracciare quella dell’opera ben fatta, frutto di condivisione e responsabilità collettiva. È la strada per restituire normalità e fiducia ai territori, con l’ingegneria a presidio delle scelte e della loro tenuta nel tempo, come ricordato anche dalle cronache dell’agenzia ANSA.
Nel cantiere dell’innovazione sismica
Questa ricostruzione non è solo un elenco di interventi: è un laboratorio che sperimenta soluzioni nuove e trasferibili. L’esperienza dell’Appennino centrale è stata presentata alla comunità internazionale degli ingegneri sismici al World Conference on Earthquake Engineering di Milano, come una case history capace di unire rigore tecnico e visione. L’idea di un territorio che rinasce innovando è poi risuonata anche nei contesti istituzionali dedicati allo sviluppo sostenibile, dove è stato illustrato il percorso per saldare prevenzione, qualità costruttiva e futuro delle comunità.
Nel disegno complessivo, la ricostruzione assume la forma di un Laboratorio Appennino centrale, costruito con il contributo dei professionisti, delle amministrazioni e dei cittadini. Qui la resilienza diventa progetto e la prevenzione entra nelle scelte quotidiane: si superano le logiche del “com’era e dov’era” quando non garantiscono sicurezza, e si pratica un approccio pragmatico, attento al contesto e alle persone. È un percorso che la Struttura commissariale descrive come insieme di buone prassi da condividere, per fare della ricostruzione un investimento duraturo sulla vita dei luoghi.
I numeri che raccontano il progresso
Al 31 maggio 2025 le Richieste di Contributo per la ricostruzione hanno raggiunto quota 34.148 (+10% sul 2024) per un valore complessivo superiore a 15,8 miliardi. Nella ricostruzione privata i contributi concessi ammontano a 10,77 miliardi, con liquidazioni oltre 6,1 miliardi e oltre il 60% erogato negli ultimi tre anni: una spinta sostenuta anche dalla filiera del credito guidata da Cassa Depositi e Prestiti. Questi dati, presentati nel Rapporto aggiornato ai primi cinque mesi dell’anno, delineano un cantiere economico oltre che edilizio.
Guardando ai lavori, sono stati conclusi 12.737 cantieri su 22.223 autorizzati, mentre 8.694 sono in corso. Sul fronte pubblico la programmazione comprende 3.542 interventi per oltre 4,6 miliardi, con l’avvio nel 2025 di 1.200 nuovi cantieri: un terzo dell’intero pacchetto. Il quadro restituisce un sistema operativo che, dopo anni difficili, ha trovato una velocità nuova grazie a procedure più snelle e a una governance multilivello che coinvolge comuni, regioni e struttura commissariale.
La fotografia sociale completa il bilancio: nei 138 comuni del cratere restano ancora circa 10.000 nuclei familiari – poco più di 20.000 persone – in attesa di una sistemazione definitiva. Nel frattempo è stato introdotto il Contributo per il disagio abitativo, che ha sostituito il CAS, con l’obbligo di confermare annualmente i requisiti sulla piattaforma dedicata entro le scadenze fissate. La misura è pensata per accompagnare il rientro e sostenere chi non può ancora tornare a casa, mantenendo il legame con il cantiere della ricostruzione.
Comunità e ripartenza
Ricucire il tessuto delle comunità significa anche restituire vita ai luoghi dell’identità. Nell’Appennino centrale sono 2.456 gli edifici di culto danneggiati dalla sequenza sismica; tra quelli non di proprietà pubblica gli interventi programmati superano quota 1.200 per un valore di circa 737,8 milioni. La cura del patrimonio sacro e storico non è un capitolo separato: sostiene coesione, ritrova riti e relazioni, riapre piazze e percorsi. È qui che la tecnica incontra la memoria, per restituire senso al vivere insieme.
La ricostruzione dialoga con l’economia reale. Le misure NextAppennino spingono su impresa, lavoro e servizi, mentre le stime del Cresme indicano una crescita dell’occupazione distribuita nelle quattro regioni, con oltre 302.000 nuovi rapporti di lavoro attivati in tre anni nei comuni del cratere e un incremento del 6,4%. È un segnale che racconta un territorio che torna ad attrarre, soprattutto quando i cantieri diventano opportunità e non solo ostacoli.
Le domande che tutti si fanno
Che cosa intendete con “cambio di passo” della ricostruzione? Parliamo di un’accelerazione tangibile: più cantieri avviati e chiusi, più risorse effettivamente erogate, procedure snellite e un coordinamento più solido tra istituzioni e professioni tecniche. Dai 9.500 cantieri in corso e oltre 12.000 chiusi citati in questi giorni, fino all’impennata delle liquidazioni negli ultimi tre anni, l’andamento conferma che la macchina ha trovato la sua traiettoria.
Perché il ruolo degli ingegneri è così decisivo? Perché la ricostruzione non è una mera riparazione: occorre riprofilare edifici e infrastrutture alla luce delle più avanzate pratiche di ingegneria sismica, di efficienza energetica e di sostenibilità. La sinergia con gli ingegneri ha orientato scelte e standard, dentro un vero “laboratorio” che produce prevenzione, qualità e sicurezza, come rimarcato ufficialmente nelle interviste e negli interventi al congresso di Ancona.
Quante risorse sono già arrivate sui territori e come? Al 31 maggio 2025 i contributi concessi ai privati hanno raggiunto 10,77 miliardi, con oltre 6,1 miliardi liquidati; sul fronte pubblico il quadro supera 4,6 miliardi per 3.542 interventi. La filiera finanziaria guidata da Cassa Depositi e Prestiti assicura che i pagamenti seguano l’avanzamento dei lavori, trasformando gli atti amministrativi in cantieri, occupazione e servizi.
Quante persone non sono ancora rientrate e quali tutele hanno? Nei 138 comuni del cratere ci sono ancora circa 10.000 nuclei, poco più di 20.000 persone, in attesa di una soluzione definitiva. Per loro opera il Contributo per il disagio abitativo, che ha sostituito il CAS e richiede la conferma periodica dei requisiti sulla piattaforma dedicata, così da calibrare il sostegno e favorire il rientro non appena i lavori lo permettono.
Oltre l’emergenza: la rotta di un’Italia che si rimette in piedi
Nel cratere di quasi 8.000 chilometri quadrati, dove vivono circa 600.000 persone tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, la ricostruzione è diventata un linguaggio comune: sicurezza, innovazione, rispetto dei luoghi. Non è un cammino breve, ma un patto tra professionalità e comunità. La stagione che si apre ad Ancona accende un’aspettativa concreta: fare del metodo Appennino una risorsa nazionale, in cui ogni opera pubblica e privata rifletta l’idea di un futuro più stabile e giusto.
È questo lo sguardo che rivendichiamo, forte dell’esperienza maturata sul campo: raccontare i numeri quando contano, ma soprattutto le persone quando rientrano, riaprono una bottega, una scuola, una chiesa. L’ingegneria qui non è solo calcolo, è cura del territorio. Se c’è una lezione che arriva da questi cantieri è che la prevenzione si costruisce un giorno dopo l’altro, con scelte esigenti e una responsabilità condivisa che non lascia indietro nessuno.