Un giorno soltanto è bastato per unire due immagini potenti: le luci del Quirinale, con le nazionali di pallavolo celebrate da tutto il Paese, e l’Aula di Montecitorio che dà il via libera a una riforma attesa da anni. Due scene, un messaggio: le palestre delle scuole come cuore vivo delle comunità.

Un incastro simbolico tra Aula e campo
L’8 ottobre 2025 la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità, con 234 voti favorevoli, la proposta di legge a prima firma Mauro Berruto sull’utilizzo degli impianti sportivi scolastici da parte di associazioni e società. Un voto compatto che ora apre l’esame del Senato e che mette ordine a una materia rimasta troppo a lungo prigioniera di regole disomogenee e prassi locali, spesso poco trasparenti. Lo ha riportato in cronaca la redazione di un primario quotidiano nazionale, mentre la comunicazione istituzionale della Camera ha scandito tempi e passaggi formali.
Nelle stesse ore, le nazionali femminile e maschile di volley, entrambe campionesse del mondo, sono state ricevute da Sergio Mattarella al Quirinale. La presenza di Julio Velasco e Ferdinando De Giorgi ha dato il senso di una stagione in cui risultati, cultura sportiva e politiche pubbliche si incrociano. La nota ufficiale del Quirinale ha fissato la cornice istituzionale dell’evento e le cronache serali hanno restituito l’energia di quel momento.
Cosa cambia davvero con il nuovo impianto normativo
La novità cardine riguarda la gestione: Comuni e Province, proprietari delle palestre scolastiche, stipuleranno convenzioni per metterle a disposizione delle realtà sportive al di fuori dell’orario scolastico e durante la sospensione estiva, dopo aver “sentito” le istituzioni scolastiche. Il meccanismo supera la giungla di pareri preventivi che, in molte realtà, finivano per bloccare le aperture. Gli oneri di gestione, cura e ripristino restano in capo al concessionario, senza nuovi costi per la finanza pubblica. A fissarlo, nero su bianco, sono il dossier del Servizio Studi e il focus tematico della Camera.
Non si tratta di una liberalizzazione indiscriminata: la priorità resta l’attività didattica ed extracurricolare inserita nel PTOF, con i consigli di istituto che possono negare l’assenso nei casi previsti dal nuovo raccordo con il decreto legislativo 38/2021. È, piuttosto, un cambio di prospettiva: da un “no” spesso discrezionale e non motivato a un criterio di accesso chiaro e condiviso, dove il ruolo degli enti proprietari si salda a quello delle scuole in una cornice procedurale definita.
La spinta dal basso: chi investe può usare la palestra
C’è poi un capitolo che parla direttamente alle società senza scopo di lucro: la possibilità di presentare progetti di riqualificazione delle palestre scolastiche. Se il Comune ne riconosce l’interesse pubblico, scatta una convenzione gratuita per l’uso della struttura, con durata proporzionata al valore dell’intervento e, nell’impianto complessivo della disciplina, non inferiore ai cinque anni. È il tassello che premia chi mette risorse, competenze e responsabilità in un bene di tutti. Lo schema è dettagliato nel dossier parlamentare e ripreso dalle agenzie.
Questa leva può alleggerire i bilanci delle piccole realtà territoriali e, al tempo stesso, ammodernare impianti spesso datati. Il principio è semplice: se migliori la palestra della scuola, la comunità te ne riconosce l’uso. Un’idea che fa incontrare pubblico e privato sociale in una prospettiva pluriennale, garantendo continuità ai progetti tecnici, ai settori giovanili e a programmi inclusivi che possono coinvolgere intere famiglie e anche attività dedicate agli over 65, come sottolineato nelle dichiarazioni pubbliche a margine del voto.
Il nodo storico: quando le palestre restano chiuse
La riforma nasce anche per curare una ferita strutturale: in Italia solo quattro scuole su dieci dispongono di una palestra, con squilibri pesanti nel Mezzogiorno. Studi e analisi diffuse tra il 2023 e il 2025 confermano un quadro in cui circa il 60% degli edifici scolastici è privo di spazi idonei; in alcune regioni del Sud la percentuale sale oltre i due terzi. Numeri pubblicati da testate nazionali e centri studi su base ministeriale restituiscono l’urgenza dell’intervento.
A questa carenza si è sommata, negli anni, una gestione frammentata: regolamenti locali, pareri dei consigli di istituto, timori di responsabilità, procedure di concessione complesse. Il nuovo impianto normativo prova a sciogliere i nodi: le convenzioni diventano lo strumento ordinario, gli enti proprietari si riprendono la regia, le scuole indicano chiaramente quando le strutture servono alla didattica e quando possono essere condivise con il territorio, senza forzature e nel rispetto dell’autonomia.
Un Paese che chiede spazi: l’onda lunga del volley
Il movimento cresce e chiede case all’altezza. I dati federali fotografano una progressione consistente: al 30 giugno 2025 gli atleti tesserati superano quota 364mila, in aumento rispetto al 2024. È un segnale che corre di pari passo con risultati tecnici d’élite e con l’appeal sociale della pallavolo, in particolare tra i più giovani. Queste cifre sono state rese pubbliche nell’ultimo bilancio federale e riprese da testate economico-sportive.
Dopo il doppio Mondiale, il presidente Giuseppe Manfredi ha rilanciato un appello semplice e potente: tenere aperte le palestre delle scuole per accogliere i bambini in fila. Parole che sintetizzano il senso di questa stagione: accesso, inclusione, comunità. Ma senza strutture disponibili, l’entusiasmo rischia di restare sulla soglia. Da qui l’urgenza di un quadro normativo che trasformi la domanda in pratica quotidiana.
Le risorse che accelerano: tra PNRR e nuovi bandi
La legge dialoga con un flusso di investimenti già attivi. Negli ultimi mesi sono arrivati interventi mirati: un avviso PNRR da oltre 12 milioni per sostenere nuovi impianti sportivi indoor nei piccoli comuni; un protocollo tra Istruzione, Sport e Sport e Salute per potenziare palestre e attività nelle scuole con risorse fino a 900 milioni; e un pacchetto da 45 milioni specifico per i licei sportivi. È un mosaico di opportunità che, se ben coordinate, può moltiplicare l’effetto delle palestre aperte.
A queste misure si aggiunge il piano da 335 milioni varato nel 2024 per migliorare le palestre scolastiche, con una quota rilevante destinata al Mezzogiorno. La geografia degli impianti richiede una cura differenziata: rigenerare dove esiste, costruire dove manca, mettere in rete ciò che c’è. È la trama su cui la riforma di utilizzo può correre veloce, traducendo le risorse in ore di sport reale per studenti e territorio.
Le risposte che servono subito
Da quando le palestre potranno aprire di più? Il testo ha superato l’esame della Camera l’8 ottobre 2025 e ora è all’attenzione del Senato. L’applicazione concreta passerà dalle convenzioni tra enti proprietari e scuole, che definiranno tempi e modalità nel rispetto delle priorità didattiche.
Chi decide, in pratica, se e quando concedere gli spazi? La regia è degli enti proprietari (Comuni e Province) che stipulano convenzioni, “sentite” le istituzioni scolastiche. I consigli di istituto mantengono la possibilità di opporsi nei casi previsti dalla nuova cornice collegata al d.lgs. 38/2021.
Le palestre potranno essere usate anche d’estate? Sì, la messa a disposizione è espressamente prevista anche nel periodo tra la fine e l’inizio delle lezioni, favorendo camp, attività giovanili e iniziative di comunità, nel rispetto delle esigenze scolastiche.
Le società sportive possono ottenere l’uso gratuito? Se presentano un progetto di riqualificazione riconosciuto di interesse pubblico dall’ente locale, l’uso è gratuito e la durata della convenzione è commisurata al valore dell’intervento, con orizzonte pluriennale.
Questa riforma riduce l’autonomia delle scuole? No: la priorità all’attività didattica è confermata e gli istituti indicano cosa impedisce l’uso esterno. La differenza è che il percorso diventa chiaro, tracciabile e orientato all’accesso, evitando blocchi discrezionali.
Il nostro sguardo: quando lo sport accende la scuola
Nei racconti che raccogliamo ogni giorno, l’apertura di una palestra cambia la vita di quartiere: i genitori che restano a guardare l’allenamento, i nonni che si fermano in tribuna, i ragazzi che imparano a fidarsi di sé e degli altri. È un’educazione che passa dalle mani, dal sudore, da un pallone che cade e si rialza con chi lo colpisce. Non servono slogan, servono chiavi.
Per questo, il voto di Montecitorio non è solo una pagina di Gazzetta Ufficiale in attesa di completarsi al Senato: è una promessa scritta sulla porta di ogni scuola. Sta a istituzioni, dirigenti, tecnici e famiglie trasformarla in orari, tabelle, reti montate e spogliatoi in ordine. Se lo faremo, l’Italia avrà più sport. Ma, soprattutto, avrà più comunità.