L’autunno riporta al centro la prevenzione delle infezioni respiratorie e mette in luce una richiesta concreta: rendere rimborsabile la vaccinazione anti-Rsv per gli adulti fragili. A Roma, un appello condiviso da clinici e pazienti ha sollecitato una strategia nazionale capace di proteggere chi rischia di più, a partire dagli over 65 e da chi convive con patologie croniche.

Appello e priorità
Il 14 ottobre 2025, nella Sala Stampa della Camera dei Deputati, un incontro con la stampa ha posto un obiettivo semplice da enunciare e complesso da realizzare: inserire la vaccinazione contro il virus respiratorio sinciziale (Rsv) nei programmi pubblici di prevenzione per gli adulti, al pari di influenza e pneumococco. L’iniziativa, promossa dall’onorevole Simona Loizzo insieme all’Associazione nazionale pazienti Respiriamo Insieme e a specialisti di diverse discipline, ha riportato numeri e testimonianze che non lasciano spazio all’indifferenza, richiamando il ruolo della prevenzione come strumento di equità. Secondo gli intervenuti, l’attesa di decisioni concrete pesa soprattutto su anziani e cronici, ancora privi di un’offerta strutturata.
Il messaggio è arrivato chiaro: non basta aver compreso la gravità dell’Rsv nei neonati – area in cui l’Italia si è mossa, rendendo universale l’immunizzazione passiva con anticorpi monoclonali – se poi gli adulti a rischio restano scoperti. Nella stessa sede è stato ricordato che l’intesa del 17 ottobre 2024 ha garantito l’accesso su base nazionale alla protezione dei nuovi nati, mentre per gli adulti manca ancora un canale definito e rimborsato. La richiesta politica e tecnica, dunque, è di trasformare gli impegni in norme e calendari aggiornati, con una cornice di governance che riduca le disuguaglianze tra territori.
Non solo pediatria: un carico di malattia che pesa su over 65 e fragili
L’Rsv non è un tema confinato alla pediatria. Dati recenti indicano che tra gli over 65 il rischio di mortalità legato all’Rsv è sei volte più elevato rispetto ai bambini sotto l’anno: un profilo di rischio che emerge con nettezza dall’analisi di JAMA Network Open firmata da Hansen e colleghi, con tassi che seguono una curva “a U” e colpiscono soprattutto gli anziani più anziani. In Italia, stime aggiornate parlano di oltre 50mila ospedalizzazioni annuali tra gli over 60, un impatto che gli esperti definiscono paragonabile – se non talvolta superiore – a influenza e Covid-19 per severità clinica. È su questa evidenza che si chiede di agire.
La malattia, spesso sottodiagnosticata nell’adulto, finisce per manifestarsi nelle statistiche più tardivamente, quando compaiono ricoveri, riacutizzazioni cardio-respiratorie e, non di rado, esiti letali. Un tassello si aggiunge sul fronte della pratica clinica territoriale: in due stagioni di osservazione in medicina generale su pazienti over 50, si sono registrati picchi mensili di positività Rsv prossimi al 19% e l’uso di antibiotici in circa un paziente su due, un segnale che richiama anche l’urgenza di contenere l’antibiotico-resistenza. L’elemento più condiviso, tra geriatri, infettivologi e medici di famiglia, è la richiesta di una prevenzione programmata e accessibile.
Il quadro internazionale
Mentre l’Italia discute, altri Paesi hanno già strutturato programmi per gli anziani. In Germania, la STIKO raccomanda una dose di vaccino Rsv a tutti i soggetti di 75 anni e oltre, estendendo l’indicazione ai 60-74enni con gravi patologie o residenti in strutture; la raccomandazione è unica (non annuale) e preferibilmente in autunno. Nel Regno Unito, dal 1° settembre 2024 è attivo un programma per chi compie 75 anni, affiancato da campagne di recupero e da un progressivo ampliamento, con valutazioni di costo-efficacia e dati real-world incorporati nelle decisioni pubbliche.
In Francia, la HAS ha indicato la vaccinazione stagionale per gli over 75 e per i 65-74enni con comorbidità respiratorie o cardiache, mentre in Spagna crescono le iniziative regionali: la Comunità di Madrid ha avviato la protezione degli anziani e dei vulnerabili, e la Castiglia e León ha programmato l’acquisto di dosi per campagne integrate con influenza e Covid. Sono scelte che rendono la protezione degli adulti una routine stagionale, facilitata anche dalla co-somministrazione.
Italia tra promesse e attese: dove si blocca la prevenzione
La strategia italiana ha compiuto passi decisivi sui più piccoli – con l’immunizzazione universale dei neonati ratificata nell’ottobre 2024 – ma non ha ancora tradotto in calendario l’offerta per gli adulti. Il PNPV 2023-2025 e il relativo calendario, pur flessibili per futuri aggiornamenti, non contemplano oggi la vaccinazione Rsv nell’adulto; lo ha ricordato anche l’interrogazione parlamentare del 2 luglio 2025, a cui il ministero ha risposto sottolineando l’impegno su neonati e gravide e la disponibilità di vaccini per adulti. Manca, però, l’inclusione formale e la conseguente rimborsabilità su scala nazionale.
Il risultato è una protezione a due velocità: ben definita per l’età pediatrica, incompleta per gli anziani e i fragili. Geriatri e infettivologi evidenziano costi sanitari e sociali legati ai ricoveri, al peggioramento funzionale e alla perdita di autonomia dopo un’infezione severa. La valutazione economica non è secondaria: studi italiani su pazienti ricoverati over 60 mostrano un carico consistente di risorse e costi diretti, rafforzando l’argomento per una prevenzione rimborsata. Inserire la vaccinazione nei LEA e nel calendario significa anticipare i danni, ridurre gli accessi ospedalieri e contenere spese evitabili.
Efficacia e sicurezza
Le evidenze più recenti rafforzano l’urgenza dell’intervento. Nella stagione 2023-2024, valutazioni real-world in adulti di 60 anni e oltre hanno stimato una riduzione delle ospedalizzazioni per Rsv intorno all’80% con il vaccino proteico Arexvy e superiore al 70% con Abrysvo. Nel Regno Unito, l’analisi sull’impatto iniziale del programma negli anziani, pubblicata su The Lancet, ha mostrato una diminuzione significativa dei ricoveri già nei primi mesi di implementazione. L’efficacia, insomma, non è più solo teorica: si vede nei reparti.
Sul fronte regolatorio europeo, il portafoglio si è ampliato: Arexvy è autorizzato per i ≥60 anni e anche per i 50-59 a rischio, mentre nel 2025 la Commissione europea ha esteso Abrysvo agli adulti 18-59 a rischio, oltre alla già nota indicazione in gravidanza per proteggere il neonato. Queste scelte rendono praticabile l’integrazione con i richiami stagionali contro influenza e Covid-19, come già previsto dalle autorità in vari Paesi, e aprono la strada a percorsi di co-somministrazione semplificati.
I numeri dell’ambulatorio: cosa accade davvero ai pazienti
Nel mondo reale della medicina generale, un cluster randomizzato condotto in Italia su adulti ≥50 anni ha documentato che l’Rsv circola con intensità variabile durante la stagione, con punte mensili di positività prossime al 19% e un ricorso ad antibiotici nel 50% dei pazienti affetti. Un dato che interroga sull’appropriatezza prescrittiva e rafforza l’idea di prevenire a monte, riducendo anche la pressione sull’antibiotico-resistenza. Sono evidenze che rendono meno astratto il dibattito e più urgente l’accesso semplice e gratuito alla vaccinazione per chi ha condizioni di fragilità.
Nell’anziano, ricordano i clinici, un’infezione severa non è solo un episodio acuto: può tradursi in perdita di autosufficienza, riacutizzazione di Bpco o scompenso cardiaco, necessità di riabilitazione e nuovi ricoveri. Nei dati italiani retrospettivi su pazienti ≥60 anni ospedalizzati per Rsv, i costi diretti lungo un anno sono sensibilmente più alti rispetto ad altri ricoveri e comprendono anche più accessi in terapia intensiva. Prevenire significa ridurre ricoveri, complicanze e costi, in linea con la logica di un Servizio sanitario nazionale orientato alla sostenibilità.
Le voci dal campo
Tra i geriatri, è diffusa la consapevolezza che l’Rsv nell’anziano sia ancora sottostimato per carenza di test e diagnosi: la conseguenza, spiegano gli esperti, è un rischio moltiplicato di complicanze e un peggioramento dello stato funzionale dopo il ricovero. I medici di famiglia, con il presidente Alessandro Rossi (Simg), insistono sull’integrazione pratica: offrire il vaccino anti-Rsv insieme a influenza e pneumococco, con un colloquio informato in ambulatorio per superare esitazioni e barriere di accesso. È prevenzione di prossimità, misurabile in ricoveri evitati.
Dal mondo delle malattie infettive, il professor Claudio Mastroianni (già presidente Simit) richiama i dati che indicano protezioni intorno all’80% contro le forme più gravi: per gli specialisti, inserire la vaccinazione nei Lea e nel Pnpv significa colmare un vuoto di protezione. Le associazioni di pazienti, con Simona Barbaglia (Respiriamo Insieme), chiedono un’alleanza stabile tra cittadini, clinici e istituzioni: la campagna “Non è così come sembra” punta proprio a informare, semplificare l’accesso e abbattere le disuguaglianze. La tutela dei fragili non può attendere.
Cosa fare adesso: una rotta operativa per l’autunno
La rotta è tracciata. Primo: definire criteri chiari di eleggibilità per over 75 e per 60-74enni con patologie che aumentano il rischio di esiti gravi, armonizzando le scelte con l’evidenza internazionale e con i pareri del Nitag. Secondo: co-somministrare i vaccini stagionali (influenza e Covid) con l’anti-Rsv quando indicato, semplificando percorsi e comunicazione. Terzo: garantire rimborsabilità e offerta attiva, così da trasformare una buona intenzione in prevenzione erogata. Infine, monitoraggio degli esiti per misurare l’impatto reale sui ricoveri.
Il confronto in Parlamento ha un obiettivo preciso: passare dall’analisi all’azione. I vaccini Arexvy e Abrysvo coprono oggi le principali fasce a rischio; in Ue sono state approvate estensioni d’uso verso i 50-59 anni a rischio e i 18-59 a rischio, mentre la gravidanza resta un perno per la protezione dei neonati. La domanda che arriva dalla pratica clinica è semplice: quando l’anziano fragile potrà trovare la stessa tutela, senza oneri, nel proprio distretto sanitario?
Domande in un minuto
Chi dovrebbe ricevere per primo la vaccinazione anti-Rsv in Italia, se resa rimborsabile? Le priorità operative coincidono con le evidenze: anzitutto gli over 75, quindi gli adulti 60-74 con malattie croniche respiratorie o cardiache, immunodepressione o residenza in strutture, in linea con i programmi già attivi in Germania e Regno Unito. Questa scelta massimizza l’impatto su ricoveri e mortalità, e rende gestibile la co-somministrazione con influenza e Covid nelle stesse sedute vaccinali.
È possibile co-somministrare il vaccino anti-Rsv con influenza e Covid-19? Sì, laddove indicato. Le autorità sanitarie che hanno avviato i programmi negli anziani prevedono la co-somministrazione, utile a semplificare i percorsi e ad aumentare le coperture. I dati di sicurezza e immunogenicità esaminati dai comitati tecnici mostrano profili accettabili, senza interferenze clinicamente rilevanti nella risposta ai vaccini. L’organizzazione per appuntamenti unificati riduce tempi, spostamenti e rinvii.
Quanto proteggono davvero i vaccini contro l’Rsv negli adulti? Le analisi real-world della stagione 2023-2024 indicano riduzioni robuste delle ospedalizzazioni: attorno all’80% con Arexvy e oltre il 70% con Abrysvo nei ≥60 anni. L’impatto è confermato anche dalle valutazioni pubbliche in Inghilterra, dove la partenza del programma ha già ridotto i ricoveri. La protezione non è annuale e la seconda stagione mantiene benefici significativi, con un graduale calo nel tempo.
Perché si insiste tanto sui dati italiani? Perché fotografano ciò che accade davvero: studi in medicina generale sugli over 50 hanno documentato picchi stagionali di Rsv e un uso elevato di antibiotici, segnale di inappropriatezza potenziale. Nei ricoverati ≥60 anni, i costi diretti a un anno sono superiori rispetto ad altri ricoveri. Prevenire mette in sicurezza le persone e libera risorse, spostando il baricentro dall’urgenza ospedaliera alla tutela sul territorio.
Una scelta di responsabilità, oggi
La prevenzione è fatta di decisioni misurate, non di slogan. Rendere rimborsabile la vaccinazione anti-Rsv per gli adulti fragili significa adottare una politica sanitaria che pesa meno sui reparti e di più sul benessere quotidiano delle persone. È un passaggio che richiede coraggio istituzionale, ma che parla la lingua dei numeri, della clinica, delle famiglie: l’unica che, alla fine, conta quando si tratta di salute pubblica.
Da osservatori rigorosi, abituati a raccontare la sanità senza sconti, vediamo una strada già segnata: continuare a proteggere i neonati, estendere la tutela agli anziani e integrare l’Rsv tra le vaccinazioni di routine per chi rischia di più. Non è un traguardo lontano: è un impegno che si può mantenere adesso, traducendo l’evidenza in diritti esigibili, uguali per tutti, in ogni regione del Paese.