La difesa di Mario Venditti chiede che la nuova indagine su Andrea Sempio cambi sponda: da Pavia a Brescia, in virtù dell’articolo 11 del codice di procedura penale e dell’effetto di “trascinamento” tra procedimenti connessi. Nel frattempo, per il 14 ottobre è fissata l’udienza al Riesame bresciano sul sequestro disposto il 26 settembre.

Un nodo di competenze che pesa sull’inchiesta
Alla base della richiesta difensiva c’è un ragionamento lineare: quando un atto compiuto in un fascicolo determina una notizia di reato a carico di un magistrato, la competenza – per garantire terzietà – trasmigra all’ufficio individuato dall’art. 11 c.p.p.. Da qui la conclusione: la nuova indagine su Sempio, nata a Pavia e intrecciata agli accertamenti su Venditti, dovrebbe essere affidata alla Procura di Brescia, che già procede sul supposto episodio corruttivo. Questo assunto è stato illustrato dall’avvocato Domenico Aiello anche in una nota inviata agli uffici requirenti interessati e al giudice dell’incidente probatorio.
La logica addotta evoca un “effetto trascinamento”: se l’inoltro degli atti da Pavia a Brescia ha preso le mosse da elementi emersi nel nuovo fascicolo su Sempio, allora l’intera attività connessa – compreso l’incidente probatorio – dovrebbe seguire la stessa rotta. La ricostruzione è stata spiegata in modo puntuale in un approfondimento che ha messo in relazione i due binari investigativi, entrambi ritenuti intrinsecamente collegati per oggetto e per presupposti. In quest’ottica, sostiene la difesa, non è possibile “selezionare” ciò che migra e ciò che resta.
Dentro la strategia processuale della difesa
Il fronte difensivo ha impugnato il decreto di perquisizione e sequestro eseguito il 26 settembre. Nel ricorso al Riesame si contestano l’assenza dei “gravi indizi” di corruzione e la mancanza di urgenza per interventi così invasivi. Viene inoltre rilevata, in termini tecnici, “l’assenza di criteri” per ritenere che nei dispositivi di Venditti – telefoni, documenti, computer – potessero trovarsi oggi prove riferibili a un’ipotetica condotta del 2017. Sono passaggi messi nero su bianco e anticipati dalle agenzie in vista dell’udienza del 14 ottobre.
Nel ragionamento difensivo rientra anche una critica di metodo: il decreto firmato a Brescia verrebbe qualificato come attività “esplorativa”, dunque non sorretta da indizi concreti e mirati, con un impatto sproporzionato sulla privacy dell’ex magistrato. L’avvocato Aiello ha ricostruito l’itinerario delle carte e ribadito che la verifica sulla legalità degli atti, specie quando coinvolgono la sfera personale, deve misurarsi con standard di necessità e proporzionalità. Questo è il terreno su cui la difesa intende misurarsi davanti ai giudici della Libertà.
Date, atti e passaggi chiave
Il calendario è già scritto. Martedì 14 ottobre, a Brescia, il Riesame discuterà il ricorso sull’annullamento di perquisizioni e sequestri scattati il 26 settembre. Le cronache giudiziarie hanno fissato la scansione temporale e dato conto delle contestazioni mosse dall’ex procuratore aggiunto di Pavia, che respinge ogni addebito. La decisione è attesa in settimana; la difesa si aspetta tempi rapidi, vista la natura dei provvedimenti impugnati e l’impatto che hanno sulla vita privata dell’indagato.
Nel fascicolo bresciano è finito anche il cosiddetto “pizzino”, recuperato nell’abitazione dei Sempio: poche parole scritte a mano – “Venditti gip archivia x 20. 30 euro” – diventate, per l’accusa, indizio del presunto passaggio di denaro nel 2017 per accelerare la chiusura del procedimento su Andrea Sempio. Sul punto, la famiglia ha dato una lettura diametralmente opposta, parlando di cifre destinate a bolli o pratiche di studio legale; posizione ribadita pubblicamente nei giorni successivi alle perquisizioni.
Il contesto giuridico: cosa prevede l’articolo 11 c.p.p.
Il cuore del confronto è tecnico. L’articolo 11 del codice di procedura penale stabilisce che, quando un magistrato del distretto assume la qualità di indagato o di persona offesa, la competenza territoriale si sposta su altro distretto determinato dalla legge, con l’obiettivo di tutelare l’imparzialità. La disposizione, riformata nel 1998, è accompagnata da criteri attuativi che impediscono sovrapposizioni e conflitti tra uffici limitrofi. È il perno su cui la difesa innesta la richiesta di trasferimento.
In questa cornice normativa, il richiamo al concetto di connessione tra procedimenti non è secondario: la giurisprudenza e i commentari ricordano che il meccanismo opera anche rispetto ai fascicoli che risultano intrecciati per oggetto o per atti comuni. Da qui la tesi per cui l’incidente probatorio in corso a Pavia dovrebbe essere sostenuto, per coerenza di plesso giudiziario, dalla Procura che già procede a Brescia. È una lettura che valorizza la coesione degli atti e la neutralità del giudice competente.
Le parole e le ferite: il lato umano dello scontro
Accanto ai dossier, restano le persone. La difesa descrive per Venditti un passaggio “complesso”, un colpo alla biografia e alla reputazione di un uomo che si dice travolto da un’equazione, definita “eretica”, che identificherebbe la presunta corruzione con l’innocenza di un vecchio imputato e la colpevolezza del nuovo indagato. Un’equazione respinta come surreale. Il richiamo è a un processo che, nelle intenzioni del legale, deve tornare a muoversi soltanto dentro le regole e lontano dalle semplificazioni del circuito mediatico.
Risuona, in controluce, l’invito a far parlare gli atti e non i talk show: “L’errore si dimostra nelle aule, non sui media”, ha argomentato l’avvocato, chiedendo di rimettere al centro metodo e prove, senza suggestioni. È una postura che incrocia anche un fatto processuale incontestabile: per il delitto di Garlasco la giurisdizione ha già scritto l’ultima parola con la condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni, pronunciata nel 2015; ogni valutazione attuale deve muoversi dentro questo perimetro.
Un mosaico più ampio: intrecci e ricadute
La vicenda che oggi occupa Pavia e Brescia sfiora anche un quadro più vasto, quello del cosiddetto “Sistema Pavia”, dove a Venditti e al pm Pietro Paolo Mazza sono stati contestati – in separato filone – ipotesi di peculato per somme ingenti e l’uso improprio di autovetture, accuse respinte dalle difese. Questo scenario non modifica la verità giudiziaria su Chiara Poggi, ma ne influenza la percezione pubblica e la narrazione, con il rischio di sovrapporre piani diversi. È un’ulteriore ragione per cui le regole di competenza diventano dirimenti.
Da un lato, dunque, la riapertura d’indagine su Sempio e gli atti conseguenti; dall’altro, l’accertamento bresciano sulle condotte attribuite all’ex procuratore. In mezzo, la richiesta di ricondurre tutto sotto un’unica cabina di regia, per evitare duplicazioni, cortocircuiti e, soprattutto, sospetti di parzialità. La Procura di Brescia è l’ufficio chiamato per legge a trattare i reati ipotizzati a carico di magistrati del distretto di Milano-Pavia, e qui si gioca una partita di tecnica processuale che precede il merito.
Domande rapide, risposte chiare
Perché la difesa chiede lo spostamento dell’indagine su Sempio a Brescia? Perché considera la nuova indagine pavese indissolubilmente legata a quella bresciana su Venditti: l’invio degli atti avrebbe prodotto un “trascinamento” delle attività connesse, alla luce dell’articolo 11 c.p.p., che affida a un diverso distretto i procedimenti quando è coinvolto un magistrato. In questa chiave, anche l’incidente probatorio dovrebbe migrare sotto la stessa competenza, così da assicurare coerenza e neutralità.
Cosa si discuterà il 14 ottobre davanti al Riesame di Brescia? Si valuterà il ricorso contro il decreto di perquisizione e sequestro eseguito il 26 settembre. La difesa contesta sia l’assenza di “gravi indizi” di corruzione, sia l’urgenza dei provvedimenti, sostenendo che non vi fossero ragioni per ipotizzare la presenza, oggi, di tracce di un eventuale reato del 2017 nei dispositivi di Venditti. La decisione è attesa in settimana, secondo le cronache giudiziarie.
Che rilievo ha il “pizzino” trovato in casa Sempio? Per l’accusa è un tassello che suggerirebbe un pagamento per accelerare l’archiviazione del 2017; per la famiglia Sempio si tratterebbe invece di cifre spiegabili con bolli o pratiche legali. La difesa di Venditti lo definisce strettamente connesso al fascicolo Garlasco, dunque non “sezionabile” dal resto. Saranno gli accertamenti tecnici e la verifica giudiziaria a stabilirne l’effettivo significato probatorio.
Tra diritto e percezione pubblica: la rotta che scegliamo
Questa vicenda racconta quanto sia delicato l’equilibrio tra indagine e opinione pubblica. I nomi, le biografie, le parole pesano, ma alla fine restano gli atti: provvedimenti motivati, intercettazioni, riscontri, regole di competenza. È da lì che passa la credibilità del sistema. La tenuta delle forme – dalla scelta del foro al vaglio sul sequestro – non è burocrazia, è sostanza: il primo argine contro le scorciatoie, il terreno su cui maturano le decisioni e si ricompone, se possibile, anche un pezzo di fiducia collettiva.
Nel nostro sguardo, abituato a incrociare i fatti con la loro eco, c’è una certezza: raccontare senza indulgere alle scorciatoie del clamore, insistendo sulla grammatica dei codici e sulla misura dei tempi. Che si tratti di competenza territoriale o di un biglietto manoscritto, il dovere è lo stesso: spiegare, verificare, distinguere. Soltanto così, quando arriveranno le decisioni dei giudici, sapremo leggere non un copione già scritto, ma l’esito di un percorso rigoroso.