Sharm el-Sheikh, oggi 13 ottobre 2025, incrocia il respiro del turismo e il passo della diplomazia. La premier Giorgia Meloni è attesa in Egitto mentre i leader mondiali provano a consolidare la tregua fra Israele e Hamas e a disegnare il futuro di Gaza, tra soccorsi immediati e progetti di ricostruzione strutturali.

Il crocevia del Mar Rosso, oggi 13 ottobre 2025
Cartelloni ingialliti con il volto di Abdel Fattah al‑Sisi costeggiano la strada dall’aeroporto ai resort di Sharm el‑Sheikh, dove il vento salmastro del Mar Rosso incontra il silenzio teso dei protocolli. Qui, in un International Conference Center blindato, prende corpo la prima grande prova della tregua: un summit che vuole trasformare la pausa delle armi in un percorso politico. Non è un luogo qualunque: proprio a Sharm, nel 1996, si tenne una storica conferenza contro il terrorismo, e oggi quella memoria risuona mentre si cercano equilibri nuovi.
Il vertice è co-presieduto da Donald Trump e da al‑Sisi, con oltre venti capi di Stato e di governo e il segretario generale ONU António Guterres. Sul fronte europeo, è annunciata la presenza del presidente del Consiglio europeo António Costa. Spicca l’assenza di delegazioni ufficiali di Israele e di Hamas, confermata da fonti israeliane e ripresa dai media egiziani. L’obiettivo dichiarato: blindare la tregua e aprire un capitolo di stabilità regionale.
Italia al tavolo: pragmatismo e responsabilità
Per Roma la rotta è chiara: diplomazia incessante e due binari operativi, umanitario e – se richiesto e autorizzato – di sicurezza. Nelle ultime ore, Meloni ha salutato come “storico” il rilascio degli ostaggi vivi, frutto della mediazione che ha portato alla tregua, e ha rilanciato l’impegno italiano sulla fase successiva. In parallelo, la capitale si prepara ad accogliere, tra il 14 e il 15 ottobre, una riunione del Processo di Aqaba focalizzata sull’Africa occidentale, segno di un’agenda che tiene insieme Mediterraneo e Sahel. Un mosaico di crisi comunicanti richiede risposte coordinate.
Il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito che l’Italia è pronta a contribuire alla sicurezza sul terreno nel quadro di una forza internazionale e già opera nell’architettura europea: la missione EUBAM Rafah è stata riattivata a sostegno del valico, mentre l’EUPOL COPPS continua a formare le forze di polizia palestinesi anche a Gerico. In questo perimetro, i Carabinieri hanno ripreso un ruolo operativo, con team destinati a supportare i passaggi umanitari e la formazione. È il profilo di un impegno che combina protezione civile, cooperazione e stabilizzazione.
Cantieri di ricostruzione: dalla pianificazione alle mappe
La ricostruzione non è un’etichetta, ma un lavoro che inizia dalle mappe. L’Università Iuav di Venezia, in collaborazione con UNDP‑PAPP e con il Ministero della Pianificazione dell’Autorità Palestinese, ha già inviato due ricercatori a Ramallah per contribuire alla definizione di strategie: categorizzazione delle aree di intervento, alloggi d’emergenza e servizi pubblici. Un’azione nata nel 2024 e divenuta operativa nel 2025, mentre l’Italia rafforzava la cornice politico‑umanitaria durante la Ministeriale G7 Sviluppo di Pescara.
Gli incontri istituzionali con il premier palestinese Mohammad Mustafa hanno consolidato l’indirizzo: assistenza immediata e una piattaforma di ricostruzione sotto regia palestinese e delle Nazioni Unite. In quell’arco di mesi, Roma ha anche rifinanziato UNRWA e ampliato il programma Food for Gaza, costruendo un corridoio di dialogo tra agenzie ONU e attori locali. Ridare forma a Gaza significa scegliere dove piantare la prima pietra, ma anche chi la posa e con quali garanzie.
Cure pediatriche oltre confine: la rotta giordana
La cura dei bambini palestinesi è la parte più concreta e struggente di questa storia. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha rafforzato la presenza in Giordania: équipe a rotazione nell’Ospedale Italiano di Karak e collaborazione con l’Ospedale Italiano di Amman, per interventi chirurgici, neuroriabilitazione e formazione del personale locale. L’obiettivo è trattare i piccoli pazienti vicino a casa, evitando trasferimenti lunghi e traumatici. È sanità che si fa ponte, con risultati già visibili nelle missioni degli ultimi mesi.
Quando le condizioni cliniche lo impongono, l’Italia organizza evacuazioni mediche: voli militari, triage all’Ospedale Italiano Umberto I del Cairo, ricoveri a Roma, Firenze, Napoli, Bologna, Bergamo, Milano e altre città. Solo tra febbraio e marzo, più gruppi di minori sono stati accolti in reparti oncologici e pediatrici grazie al Meccanismo di Protezione Civile UE e al coordinamento della Protezione Civile. Dietro ogni cartella clinica c’è un’infanzia che chiede una seconda possibilità.
La posta in gioco al summit
La giornata di oggi si inserisce in un canovaccio diplomatico serrato: Trump ha parlato alla Knesset e ha invitato Israele a cogliere “una finestra stretta” per la pace; nelle stesse ore, la tregua ha portato al rilascio di ostaggi vivi e a scambi di prigionieri. A Sharm, l’agenda punta a consolidare la cessazione delle ostilità, garantire accessi umanitari e discutere il quadro di sicurezza, inclusa l’ipotesi di una presenza internazionale sotto mandato.
Le autorità egiziane presentano il summit come l’inizio di una fase nuova, con la possibilità di formalizzare un documento di chiusura della guerra e di avviare la governance di transizione per Gaza. Accanto ai lavori plenari, sono previsti bilaterali a catena, mentre l’Unione Europea ribadisce di essere pronta a sostenere la stabilizzazione e la ricostruzione. Non basterà una firma; servirà la tenuta della comunità internazionale, giorno dopo giorno.
Domande che riceviamo spesso
Perché la premier Meloni è oggi in Egitto? Per sostenere il percorso che dalla tregua vuole portare a una pace sostenibile, con un contributo italiano su più livelli: diplomazia, aiuti e, se richiesto in un quadro legale chiaro, sicurezza. Nelle sue parole di oggi, dopo il rilascio degli ostaggi vivi, c’è il segnale di una fase che chiede responsabilità e continuità. È una presenza che ambisce a intrecciare il dossier Gaza con la stabilità dell’intera regione mediterranea.
Cosa farà, in concreto, l’Italia a Gaza? Proseguirà con i convogli umanitari di Food for Gaza, con le evacuazioni sanitarie e con la formazione delle forze di polizia palestinesi, all’interno delle missioni europee EUPOL COPPS ed EUBAM Rafah. Sul fronte della ricostruzione, il lavoro con UNDP e il Ministero palestinese della Pianificazione – a cui contribuiscono ricercatori Iuav – serve a definire interventi realistici, scalabili e guidati dalle istituzioni locali, evitando soluzioni calate dall’alto.
Il valico di Rafah sta riaprendo stabilmente? Il valico è stato riattivato in coerenza con gli accordi del 2005 e la missione europea è tornata a supportare i transiti, a partire dalle evacuazioni mediche. La stabilità dell’apertura dipende però dalla tenuta della tregua e dal coordinamento tra Autorità Palestinese, Israele ed Egitto. È un meccanismo fragile, ma essenziale per dare continuità all’assistenza e per collegare Gaza alle reti ospedaliere della regione.
Chi partecipa al vertice e chi no? Sono presenti leader di Europa, mondo arabo e partner internazionali, con la co-presidenza di Egitto e Stati Uniti e la partecipazione istituzionale dell’Unione Europea. Non partecipano delegazioni ufficiali di Israele e di Hamas, come confermato alla vigilia da fonti israeliane e dalla stampa egiziana. Questa scelta rispecchia la dinamica dei negoziati indiretti e punta a costruire un consenso multilaterale attorno all’implementazione della tregua.
Un impegno che chiede costanza
Nel vento caldo del Sinai sfilano le parole e restano i fatti. L’esperienza italiana – dai medici che operano a Karak e Amman ai ricercatori che tracciano le mappe della ricostruzione, fino agli operatori che presidiano il valico di Rafah – racconta una promessa: trasformare la tregua in normalità. Qui non c’è spazio per annunci effimeri, ma per una pazienza operosa che misura il proprio valore nella vita di un bambino curato, in una frontiera che funziona, in una casa che torna ad alzarsi dalle macerie.