Edwige Fenech rompe gli indugi e mette al centro la libertà delle scelte, contro ogni etichetta anagrafica. In tv, l’attrice ritrova la sua voce più nitida: quella che difende le donne, la loro autonomia e la loro dignità, riportando il dibattito su ciò che conta davvero, oltre la superficie delle polemiche.

Un messaggio che va oltre il palco
Nello studio di Rai1, durante la conversazione con Francesca Fialdini, l’attrice e produttrice ha risposto con calma ferma all’onda di commenti che ha travolto Marcella Bella dopo la sua partecipazione a Ballando con le stelle. Il cuore del suo ragionamento è semplice e potente: le donne devono poter scegliere, senza pressioni né paternalismi, e nessuno dovrebbe relegarle a un’età pronunciata come un giudizio. Non un gesto di cortesia, ma una presa di posizione che interpella il sistema dello spettacolo e la sua rappresentazione del femminile, come emerso nell’intervista andata in onda domenica 12 ottobre 2025.
Nel suo pensiero c’è anche un invito all’industria culturale: valorizzare le interpreti mature come avviene negli Stati Uniti, dove l’esperienza diventa parte del racconto e non un ostacolo. L’attrice ha sottolineato come l’età possa regalare profondità e verità ai personaggi, una ricchezza che non si insegna ma si vive, e che merita spazio. È un discorso che tocca chi guarda e chi scrive storie, perché chiama tutti alla responsabilità di cambiare sguardo e linguaggio, abbandonando formule stanche e semplificazioni.
Il dibattito acceso attorno a Ballando
Per capire la misura dell’intervento di Fenech occorre tornare alla pista: Marcella Bella, 73 anni, ha debuttato nella nuova edizione dello show con un’energia che ha conquistato pubblico e giuria, tra applausi e una standing ovation. Eppure, nel commento a quella prova è spuntata la solita trappola: la frase sulla “donna di una certa età”, che ha fatto discutere più del passo a due. È qui che le parole di Fenech assumono il peso di un contrappunto necessario: non ridurre una performance a un aneddoto anagrafico, ma giudicare il lavoro per ciò che è, presente e sudore.
Il video e i resoconti delle prime puntate hanno mostrato una cornice accesa, con giudizi taglienti e reazioni immediate della cantante. In quel clima, la replica dell’attrice non è stata un’adesione di circostanza, ma un invito a ricalibrare il metro di valutazione: meno etichette, più contenuto. L’eco mediatica ha amplificato la polemica, trasformandola in un caso che ha toccato temi di rispetto e linguaggio televisivo, confermando quanto sia sottile il confine tra critica e stereotipo.
Ferite di ieri, parole di oggi
C’è anche un passaggio difficile che Fenech ha scelto di condividere: da ragazza, poco più che ventenne, si trovò in una situazione di molestia durante un provino, sola con un personaggio famosissimo. Non denunciò. Non per mancanza di coraggio, ma perché in quegli anni era quasi impossibile essere credute. La sproporzione di forze — Davide contro Golia — racconta un’epoca e un meccanismo di silenzio che molti riconoscono, anche a distanza di decenni. Portare oggi quella memoria in tv non è rimestare nel passato: è nominare il problema per sottrarlo all’invisibilità.
Nel rievocare quell’episodio, l’attrice non cerca né clamore né rivincite; indica, piuttosto, una responsabilità collettiva: creare ambienti di lavoro in cui la parola di una giovane non debba inciampare nella fama altrui per essere ascoltata. È un racconto asciutto, ma denso di implicazioni: il valore della testimonianza, la fatica delle prime volte, la necessità di cambiare prassi e sguardo. Un capitolo che dialoga direttamente con l’appello a giudicare le donne per ciò che fanno, non per l’anagrafe o per il potere di chi hanno davanti.
La passione che restituisce respiro
Tra le righe della conversazione emerge una chiave di libertà: la danza. Dopo l’esperienza a Ballando con le stelle, Fenech ha scelto di tornare in sala due volte a settimana. Non per vincere trofei, ma per sé stessa. In quelle ore ritrova disciplina, armonia, la leggerezza che scioglie i pensieri e un’energia che illumina i giorni. È il corpo a prendere la parola quando le definizioni esterne rischiano di rubare la scena: il movimento diventa linguaggio e, insieme, difesa.
Quel tempo dedicato al ballo non è un lusso superfluo: è un allenamento alla presenza, un ritorno all’essenziale. C’è il piacere della musica, ma soprattutto la conquista di un equilibrio interiore che si misura nei dettagli — il respiro che si allunga, il passo che si fa sicuro, la mente che smette di inseguire giudizi inutili. È così che l’attrice sposta il baricentro della narrazione: dall’“apparire” al “sentire”, dal confronto con gli altri alla riconciliazione con sé.
Una casa lontano, vicinissima agli affetti
Nella vita quotidiana, la bussola è la famiglia. Dalla sua nuova casa in Portogallo, vicino al figlio e ai nipoti, Fenech racconta una felicità fatta di cose piccole: un pranzo insieme, un barbecue all’aperto, la sensazione di pienezza che non ha bisogno di palcoscenici. La serenità che l’età porta con sé non è un traguardo che chiude, ma un orizzonte che si allarga, e la danza contribuisce a questa leggerezza che scalda la giornata.
È una scelta di vita che parla di priorità e di cura: stare dove batte il cuore, coltivare ciò che rimane quando si spengono le luci. In quell’equilibrio si capisce anche la forza con cui l’attrice difende il diritto di ogni donna a essere valutata per il proprio lavoro, non per il numero sulla carta d’identità. Una prospettiva che, riportata in tv, ha il pregio di allontanare il rumore e avvicinare le persone, oltre il confine del dibattito del momento.
Risposte in tasca: il punto in tre battute
Perché intervenire sul caso di Marcella Bella? Perché ogni giudizio sul talento non dovrebbe mai scivolare nell’allusione all’età: le scelte di una donna appartengono prima di tutto a lei, non al commento di turno.
Cosa chiede all’industria dello spettacolo? Di valorizzare davvero le interpreti mature: l’esperienza non appesantisce i personaggi, li rende credibili, stratificati, necessari.
Perché quel silenzio, allora, di fronte alla molestia? In quegli anni dire la verità sembrava inutile: la disparità di potere e la solitudine in una stanza bastavano a spegnere qualsiasi voce.
Cosa le restituisce oggi la danza? Un senso di presenza: due lezioni a settimana che non sono esibizione, ma un modo autentico per sentirsi viva, libera, leggera.
Uno sguardo che non chiede permesso
Ci sono parole che aprono strade. In questo passaggio televisivo, Fenech ne sceglie alcune che mettono ordine: rispetto, autonomia, responsabilità. Dietro la polemica, resta l’invito a guardare le donne per il loro lavoro, senza etichette che tolgono respiro. È la traiettoria che da anni sosteniamo: la cultura che cura non è quella che misura, ma quella che ascolta, restituisce complessità e, quando serve, ricomincia da capo.