La curva dei contagi da Covid-19 in Italia si è assestata attorno a poche migliaia di nuovi casi settimanali, ma il quadro resta dinamico. I dati dell’ultima rilevazione indicano stabilità, mentre gli esperti invitano alla cautela: per il virologo Fabrizio Pregliasco è possibile una “coda” dell’onda attuale e una successiva, moderata risalita.

Un quadro che si assesta, tra numeri in equilibrio e monitoraggi costanti
Nel periodo 2-8 ottobre i nuovi casi sono stati 4.272, con 18 decessi. Nelle due settimane precedenti il conteggio oscillava in un intervallo ristretto: 4.171 tra il 25 settembre e il 1° ottobre, 4.256 fra il 18 e il 24 settembre. I tamponi effettuati nell’ultima settimana sono saliti a 38.432, mentre il tasso di positività è sceso all’11,1%. In valori assoluti, la Lombardia continua a segnare più diagnosi, con 1.509 casi nel periodo considerato. Questi dati arrivano dal bollettino settimanale del Ministero della Salute, pubblicato insieme agli open data e alla dashboard ufficiale.
La pressione sugli ospedali resta contenuta. All’8 ottobre, l’occupazione dei posti letto in area medica si attesta all’1,6% con 959 ricoverati, in leggero aumento rispetto alla settimana precedente; stabile la terapia intensiva allo 0,3%, pari a 30 pazienti. L’incidenza si mantiene su 7 casi per 100mila abitanti, valore immutato rispetto a sette giorni prima, mentre l’indice di trasmissibilità Rt si posiziona a 0,96 (intervallo 0,86-1,06), in calo rispetto alla rilevazione precedente. Questi elementi emergono dal monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità, che da mesi documenta un impatto clinico basso e stabile nelle strutture di cura.
Gli indicatori che contano: ricoveri, incidenza, Rt spiegano la stabilità
Se i casi oscillano, sono gli indicatori “pesanti” a raccontare la realtà epidemiologica. La percentuale di letti occupati in area medica e in terapia intensiva si mantiene su livelli minimi, segnalando che le forme gravi restano minoritarie e concentrate nelle fasce più anziane o fragili. È questo il polso che guida le scelte di sanità pubblica: un equilibrio da proteggere con attenzione, perché la stabilità non equivale a scomparsa del rischio. Il tracciamento settimanale dell’ISS conferma la tenuta, pur dentro una circolazione virale persistente.
L’Rt sotto 1 indica una trasmissione che tende a ridursi, ma l’intervallo di confidenza che sfiora la soglia segnala una dinamica ancora sensibile a piccoli cambiamenti di comportamento o di variante. In un contesto di testing ridotto e autovalutazioni domestiche, la fotografia ufficiale coglie le tendenze più che i dettagli. Gli stessi rapporti tecnici dell’ISS evidenziano da mesi un monitoraggio che privilegia esiti clinici e parametri ospedalieri, considerati più affidabili per misurare l’impatto reale della malattia nella fase endemica.
Varianti in campo: cosa sappiamo di XFG, detta “Stratus”
A spingere il rialzo registrato a settembre è stata la variante XFG, soprannominata “Stratus” in un filone informale di denominazioni ispirate ai fenomeni meteo. Nei report italiani di fine mese, la quota di sequenziamenti attribuita a XFG ha superato nettamente le altre discendenti di JN.1, con un peso stimato attorno ai tre quarti dei campioni analizzati. È la stessa tendenza descritta dal bollettino del Ministero della Salute ripreso da diverse testate, con XFG classificata dall’OMS come variante sotto monitoraggio.
La letteratura divulgativa ha raccontato XFG/Stratus come un ricombinante dotato di mutazioni sulla proteina Spike che favorirebbero l’elusione anticorpale rispetto a linee coeve. Il quadro, tracciato su documenti OMS e dataset Gisaid, la colloca tra le varianti in crescita tra fine primavera ed estate 2025, con rapidi incrementi osservati in più aree geografiche. In Italia, il suo avanzare è coinciso con l’aumento dei contagi di fine stagione, pur senza un impatto significativo sui ricoveri. Lo hanno ricostruito, fra gli altri, Sky TG24 e Wired Italia, citando le valutazioni internazionali.
I segnali clinici: il ritorno dei sintomi “classici” e la voce roca
Nel tracciato clinico delle ultime settimane sono riemersi sintomi divenuti familiari nei primi anni della pandemia: anosmia e ageusia improvvise, febbre anche elevata, disturbi respiratori delle alte vie. Al racconto si è aggiunto un segnale precoce spesso riportato con Stratus: la raucedine, ovvero una voce più roca all’esordio, che può precedere le manifestazioni tipiche. Questo profilo è stato descritto da specialisti italiani e ripreso da quotidiani nazionali, con l’avvertenza che il decorso medio rimane per lo più benigno nei soggetti senza fragilità.
I sintomi, però, non sono univoci né esclusivi. A livello ambulatoriale, i medici riferiscono quadri sovrapponibili a quelli di altre infezioni respiratorie circolanti nello stesso periodo. È perciò il contesto epidemiologico a orientare l’interpretazione, insieme alle indicazioni sui test e alle valutazioni del medico curante. Anche in questa fase, il consiglio ricorrente degli esperti è di prestare attenzione ai segnali nelle persone anziane e con patologie croniche, soprattutto in concomitanza con l’aumento stagionale delle sindromi simil-influenzali.
La lettura di Pregliasco: onde che si smorzano, ma non si esauriscono
Alla domanda sul “picco”, il virologo Fabrizio Pregliasco richiama spesso un’immagine che negli anni è diventata familiare: le onde di un sasso nello stagno, destinate a digradare lentamente pur ripresentandosi a tratti. Nell’attuale contesto, osserva l’esperto, i casi ufficiali sono inevitabilmente sottostimati per via del minor numero di test, ma i segnali solidi restano ricoveri e decessi. Da qui l’ipotesi di una coda dei contagi legata a Stratus, seguita da una possibile lieve risalita più avanti nella stagione. Questo approccio prudente è stato ribadito in interviste recenti all’agenzia Adnkronos Salute.
La non stagionalità pienamente definita del virus è un altro passaggio che pesa sulle previsioni: l’assenza di una ciclicità stabile fa sì che le oscillazioni possano affacciarsi anche al di fuori dell’inverno, pur con intensità contenuta. A livello globale, l’OMS ha segnalato nella prima metà del 2025 un incremento della positività ai test e la prosecuzione della circolazione in più aree del mondo, senza elementi di allarme per la severità. È un contesto che invita a continuità nei richiami per i fragili e a monitoraggi regolari, più che a misure emergenziali.
Che cosa significa oggi “convivere con il virus”
La convivenza, nel vocabolario della sanità pubblica, non è rassegnazione: significa calibrare gli interventi sul rischio reale, puntare su protezione mirata e informazione trasparente, vigilando sui segnali precoci di pressione ospedaliera. In questo equilibrio, la responsabilità collettiva rimane un fattore determinante: restare a casa se malati, proteggere i contatti vulnerabili, aggiornare le vaccinazioni su indicazione medica. Nei fatti, sono scelte semplici che salvano giornate di lavoro, riducono disagi e lasciano gli ospedali liberi di gestire i casi complessi.
Il fatto che l’incidenza resti bassa e l’Rt vicino all’unità racconta un’Italia che ha imparato a riconoscere il virus senza farsi sopraffare. La stabilità non esclude oscillazioni, ma le rende gestibili se gli strumenti di prevenzione restano attivi. La sfida dei prossimi mesi sarà accompagnare l’autunno-inverno valutando l’eventuale coda dell’onda attuale e la possibilità di un lieve rimbalzo, con un occhio alle varianti e uno alla protezione dei più esposti. A guidare le scelte saranno, come sempre, i dati ufficiali del Ministero della Salute e dell’ISS.
Risposte lampo per orientarsi
La curva è davvero stabile o sta già scendendo? I numeri settimanali si muovono in un corridoio stretto e, nell’ultima rilevazione, mostrano stabilità con lieve calo del tasso di positività. La tenuta degli indicatori ospedalieri conferma un equilibrio, ma la presenza di XFG/“Stratus” suggerisce di evitare letture trionfalistiche: il quadro può oscillare nelle prossime settimane, pur senza segnali di pressione clinica significativa nelle terapie intensive.
Che ruolo ha la variante XFG “Stratus” in questa fase? È la linea genetica più presente nei sequenziamenti recenti italiani e figura tra le varianti sotto monitoraggio a livello OMS. La sua crescita ha accompagnato l’aumento dei casi di fine estate, ma non si associa a un incremento proporzionale dei ricoveri. La sorveglianza resta alta per l’eventuale vantaggio di evasione immunitaria legato ad alcune mutazioni della Spike.
Dobbiamo aspettarci un nuovo picco a breve? Gli esperti parlano di possibile “coda” dell’attuale onda, seguita da un’eventuale risalita più avanti nella stagione. L’andamento dipenderà da comportamenti individuali, richiami vaccinali nei fragili e caratteristiche delle varianti circolanti. In assenza di segnali di severità e con ospedali stabili, l’orizzonte più probabile è quello di fluttuazioni contenute.
Quali sintomi osservare con maggiore attenzione? Oltre a febbre, tosse e disturbi respiratori, sono tornati frequenti perdita di olfatto e gusto. Con Stratus molti riferiscono anche raucedine all’esordio. Nelle persone anziane o con patologie, qualsiasi peggioramento respiratorio merita una valutazione rapida del medico curante, per evitare complicazioni e proteggere i contatti più fragili.
Il filo rosso che ci unisce ai dati: una riflessione necessaria
Resta un dovere professionale e civile continuare a leggere i numeri con lucidità, senza allarmismi né leggerezze. La convivenza con il Sars-CoV-2 è ormai parte del nostro lessico quotidiano, ma non deve anestetizzare l’attenzione: gli indicatori di ricovero e mortalità, la circolazione delle varianti e la qualità dell’informazione pubblica sono i cardini su cui costruire scelte efficaci. È questo lo sguardo che proponiamo ogni giorno: rigoroso sui dati, attento alle persone, capace di dare diritto di cittadinanza sia alla prudenza sia alla speranza.