Da etichette ingiuste come “svogliati” e “pigri” a diritti riconosciuti per legge: la Settimana nazionale della dislessia riapre un discorso decisivo sulla cultura dell’inclusione, sulla qualità della diagnosi e sul rispetto delle tutele previste per studentesse e studenti con DSA. Dal 6 al 12 ottobre 2025 l’attenzione torna dove deve essere: sulle persone e sui loro talenti.

Da uno stigma antico a un nuovo sguardo
Per anni chi faticava a leggere è stato incasellato in giudizi sommari. Oggi sappiamo, e la divulgazione di FNOmceo lo ribadisce, che la dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento di origine neurobiologica: non è una malattia, non intacca l’intelligenza, ma richiede strumenti adeguati e una didattica calibrata. Non sono “casi in più” rispetto al passato: riconosciamo meglio ciò che esisteva già. La letteratura epidemiologica dagli anni Sessanta in poi (gli studi di Rutter e Yule) ha descritto tassi stabili, con variazioni legate ai criteri diagnostici e ai contesti linguistici.
Questa maturazione culturale ha una ricaduta concreta nella scuola italiana: l’amministrazione centrale dedica da anni pagine, modelli e linee operative specifiche ai DSA, stabilendo che il diritto allo studio si realizza con percorsi personalizzati e valutazioni coerenti. Non si tratta di gentili concessioni: sono diritti esigibili. Una scuola che conosce, riconosce e organizza i supporti trasforma l’etichetta in occasione di crescita. Lo afferma con chiarezza il portale istituzionale del Ministero, mettendo a disposizione linee guida e strumenti per i consigli di classe.
Che cosa prevedono le tutele: dalla legge 170/2010 alle linee operative
Il quadro normativo italiano è definito: la Legge 170/2010 riconosce dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia e garantisce il diritto a didattica personalizzata, strumenti compensativi, misure dispensative e modalità di valutazione coerenti. Il DM 5669/2011, con le relative Linee guida, indica come redigere il Piano didattico personalizzato (PDP), come coinvolgere la famiglia e quali strumenti assicurare. L’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012 disciplina diagnosi e certificazioni, anche attraverso strutture accreditate dalle Regioni. È la trama che rende effettivi i diritti in classe.
Nella pratica, la diagnosi viene rilasciata dal SSN o da centri accreditati regionalmente e la scuola deve attivare gli interventi previsti, formalizzandoli nel PDP entro i tempi indicati dalle Linee guida. Se emergono difficoltà evidenti, la normativa di settore consente alla scuola di predisporre interventi personalizzati anche in attesa della certificazione, attingendo agli strumenti per i BES previsti dalla Direttiva del 27 dicembre 2012 e dalla CM 8/2013. Non si sospendono i diritti nell’attesa: si costruiscono percorsi, si documentano le strategie, si dialoga con le famiglie.
Settimana 2025: date, tema, impegni
Quest’anno l’appuntamento, promosso dall’Associazione Italiana Dislessia, si svolge dal 6 al 12 ottobre 2025 in contemporanea con la European Dyslexia Awareness Week. Il tema scelto, “Vivere la dislessia: tra opportunità e ostacoli”, invita a guardare oltre le difficoltà per valorizzare competenze e prospettive. Eventi diffusi, momenti formativi e testimonianze disegnano una mappa viva del cambiamento: informazione scientifica, strategie didattiche, strumenti digitali, diritti e doveri condivisi.
Ad aprire la settimana, il XIX Congresso Nazionale AID del 4 ottobre, ospitato all’Università della Calabria e in streaming, con un programma che intreccia ricerca, buone pratiche e racconti di vita. È un invito a fare rete: medici, docenti, famiglie, studenti e istituzioni. La spinta è chiara: portare nel quotidiano delle classi e dei servizi quel che la normativa già consente, riducendo gli ostacoli metodologici e culturali che ancora frenano il potenziale di tante ragazze e ragazzi.
Dal sospetto al PDP: tempi, ruoli e responsabilità
Quando a scuola emergono segnali di rischio (lentezza marcata, errori ricorrenti, affaticamento), la prima responsabilità è attivare potenziamenti mirati e parlarne con la famiglia, documentando le osservazioni. Se la diagnosi conferma il DSA, il consiglio di classe redige il PDP, definendo didattica, verifiche e valutazioni personalizzate; il tutto va condiviso e monitorato durante l’anno. L’Accordo Stato-Regioni del 2012 chiarisce che la certificazione è tempestiva e produce effetti immediati, mentre le Linee guida ministeriali fissano struttura e contenuti minimi del documento.
Se la certificazione arriva a anno iniziato, non si aspetta l’anno successivo: le misure si applicano da subito. L’impianto su BES e PDP consente inoltre di personalizzare anche in assenza di certificazione, quando il bisogno è chiaro e documentato; una cornice utile per non lasciare indietro nessuno durante gli iter sanitari. Questa impostazione, ribadita da note ministeriali e da autorevoli sintesi operative, ha un obiettivo semplice: collegare diritti e prassi quotidiana, con trasparenza verso le famiglie.
Quando le tutele non si applicano: percorsi di tutela e realtà delle aule
Capita che il PDP sia incompleto, tardivo o disatteso. Le conseguenze, ce lo segnalano gli stessi studenti e le famiglie, sono concrete: ansia, calo di autostima, rifiuto scolastico. Un’indagine dell’AID rileva progressi nella redazione dei PDP ma anche criticità nella loro applicazione e nella partecipazione delle famiglie. In questi casi la strada è il confronto con docenti e coordinatori, la richiesta formale al dirigente e, se necessario, la segnalazione agli uffici scolastici regionali o il ricorso agli organi competenti. La legge va fatta vivere nelle pratiche.
La giurisprudenza recente ricorda che le garanzie non sono simboliche: laddove un’istituzione non applichi le misure previste, i provvedimenti possono essere rivisti. È accaduto, per esempio, con decisioni amministrative che hanno annullato valutazioni non coerenti con il PDP. È un monito, ma soprattutto un invito alla corresponsabilità: prevenire il contenzioso significa costruire intese efficaci tra scuola e famiglia.
Il peso emotivo e la rete di sostegno che serve
Accanto ai profili didattici c’è una dimensione spesso taciuta: il carico emotivo. Studi multicentrici italiani mostrano livelli di stress genitoriale più elevati nelle famiglie di bambini con dislessia rispetto ai controlli, specie nelle fasi di diagnosi e di accompagnamento quotidiano. Un dato che interroga le scuole e i servizi: sostenere gli adulti significa sostenere i figli, perché una buona alleanza educativa passa per la qualità delle relazioni e per la chiarezza degli obiettivi condivisi.
Per questo il supporto di professionisti (neuropsichiatria, logopedia, psicologia dell’età evolutiva) e di associazioni dedicate è parte della risposta. La cornice scientifica aggiornata, con le Linee guida ISS 2022 e i riferimenti ministeriali, aiuta a uniformare diagnosi e interventi; la Settimana è l’occasione per rinnovare impegni e alleanze. L’obiettivo non è compensare “a margine”, ma mettere la persona al centro, affinché la differenza smetta di essere un ostacolo e diventi un modo efficace di apprendere.
Domande essenziali, risposte chiare
La dislessia è aumentata o la riconosciamo meglio? Gli studi storici indicano tassi stabili nel tempo; ciò che è cambiato è la capacità di riconoscere e definire il disturbo con criteri più omogenei, evitando confusione con le normali difficoltà. La prevalenza oscilla a seconda dei metodi e delle lingue, ma l’idea di un “boom” recente non trova riscontro nella letteratura epidemiologica internazionale.
Chi rilascia la diagnosi valida per la scuola? La certificazione è emessa dal Servizio sanitario nazionale o da strutture private accreditate dalle Regioni secondo l’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012; da quel momento i diritti scattano subito e la scuola deve applicare le misure previste, formalizzandole nel PDP secondo le Linee guida del DM 5669/2011.
In attesa della certificazione si può fare qualcosa? Sì. La cornice su BES (Direttiva 2012 e CM 8/2013) consente di attivare interventi personalizzati e, quando necessario, di formalizzare un PDP per non lasciare lo studente senza supporti durante l’iter clinico. È una misura di responsabilità educativa, utile anche per documentare il percorso.
Che cosa accade se il PDP non viene rispettato? Prima si chiede un confronto con docenti e coordinatore, poi si coinvolge il dirigente. Se le criticità persistono, si può segnalare all’Ufficio scolastico regionale e, nei casi estremi, ricorrere agli organi di giustizia amministrativa. La recentissima casistica ribadisce che il mancato rispetto delle misure può comportare la revisione degli esiti.
Un patto educativo che cambia il quotidiano
Ogni pagina letta con fatica racconta una perseveranza che la scuola ha il dovere di riconoscere. La Settimana nazionale della dislessia non è un calendario di eventi: è l’impegno a tradurre le norme in scelte didattiche concrete, a formare chi insegna, a sostenere chi accompagna. La rotta è chiara: legge, scienza e buone pratiche camminano insieme. Nel nostro lavoro editoriale, ogni storia che ascoltiamo conferma una verità semplice: quando la comunità educante funziona, i diritti non sono un traguardo, ma il punto di partenza.