Giovedì 9 ottobre una voce inattesa di J.R.R. Tolkien scuoterà il dibattito sulla mobilità moderna: “The Bovadium Fragments”, pungente satira scritta fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, debutta finalmente in libreria.

Il ritorno di un Tolkien insolito
Per i lettori di lungo corso, abituati a incontrare hobbit e draghi fra le pieghe della Terra di Mezzo, l’uscita targata HarperCollins promette un’altra dimensione ancora tutta da esplorare. Il volume, pubblicato in edizione cartonata in Gran Bretagna il 9 ottobre e in arrivo negli Stati Uniti il 18 novembre per William Morrow, raccoglie illustrazioni autografe dell’autore e un saggio introduttivo firmato da Richard Ovenden. A siglare l’edizione è l’ultima revisione di Christopher Tolkien, figlio e fedele custode dei manoscritti paterni, la cui scomparsa recente rende quest’opera ancor più preziosa e definitiva.
Sbircia la Notizia Magazine, dopo aver esaminato il testo in anteprima grazie alla collaborazione con l’agenzia Adnkronos che ne ha verificato l’autenticità, può confermare che ci troviamo di fronte a un pamphlet leggero solo in apparenza. Il registro ironico cela una spiazzante ferocia civile: tra latino scherzoso e citazioni erudite, palpita l’angoscia di un professore che assiste al proprio mondo invaso dall’asfalto. Il libro è breve, ma le sue domande mordono con forza rara, lasciando il lettore in uno stato di riflessione duratura.
Bovadium: un’Oxford trasfigurata e inquieta
Nell’universo narrativo dei “Frammenti”, la storica Oxford si dissolve per rinascere sotto il nome di Bovadium, un toponimo che suona come il rombo di un motore. Tolkien, allora docente a Merton College, riplasma le strade ben note agli studiosi trasformandole in un paesaggio quasi infernale, dove svincoli e rotatorie divorano giardini plurisecolari. A dominare la scena è il Daemon of Vaccipratum, incarnazione allegorica del magnate Lord Nuffield e degli stabilimenti di Cowley, simbolo di un’era meccanica che pretende di piegare la cultura all’efficienza.
Chi legge sperimenta un cocktail di divertimento e disagio raramente così equilibrato. Ogni scorcio urbano è al tempo stesso familiare e deformato, e l’asfalto diventa una ferita pulsante lungo l’anima cittadina. Sebbene la storia occupi poche pagine, la sensazione è di trovarsi davanti a un affresco esteso, nel quale la modernità mostra i propri artigli e suggerisce un futuro distopico che, a tratti, somiglia fin troppo al presente.
Una critica alla modernità motorizzata
Il disincanto nei confronti dell’industrializzazione non è nuovo nel corpus tolkieniano, ma qui assume un’intensità inedita. Tolkien, paladino di un equilibrio sacrale tra uomo e paesaggio, scaglia contro l’automobile il suo anatema più esplicito: motori che abbagliano, asfissiano e infine esplodono, come ricordato dal biografo Humphrey Carpenter. Anche senza Ent o draghi, l’autore conserva la medesima sensibilità ecologista che contraddistingue “Il Signore degli Anelli”.
A corroborare la tesi interviene Richard Ovenden, autore di un saggio che scava nei documenti d’epoca: «Tolkien era profondamente turbato dalla direzione presa dall’industria automobilistica», annota lo studioso. L’analisi di Ovenden, confermata nei fatti dai controlli incrociati di Adnkronos, svela un contesto postbellico dove la corsa all’auto si scontra con un tessuto urbano incapace di assorbirne la brutalità. Ne emerge un ritratto di Oxford – e, per estensione, dell’Occidente – sul punto di varcare un confine ambientale e culturale irreversibile.
La lunga strada verso la pubblicazione
Che questo testo approdi oggi in libreria è merito della minuziosa opera di Christopher Tolkien, impresa nata fra note a margine, cartelle ingiallite e un paziente lavoro di sintesi. Secondo Clyde S. Kilby, amico e collaboratore dello scrittore, a lungo l’opera fu considerata difficile da commercializzare: l’uso generoso del latino e un umorismo ritenuto troppo irriverente avrebbero potuto offuscare il messaggio ecologico di fondo. Kilby temeva che il pubblico si fermasse alla superficie burlesca, ignorando la carica moralistica sottesa.
Eppure proprio quell’irriverenza, salvaguardata da Christopher con minimi interventi volti più a chiarire che a censurare, costituisce oggi la forza magnetica del manoscritto. Schizzi originali, appunti interlineari e una struttura da “codicillo testamentario” trasformano il fascicolo in un’esperienza letteraria compatta e sorprendentemente moderna. Molti studiosi vedono in questa pubblicazione il tassello conclusivo del dialogo postumo fra padre e figlio iniziato con “Il Silmarillion”, un congedo tanto affettuoso quanto pungente.
Satira, erudizione e malinconia: un piccolo gioiello
Lontano dall’universo di Arda, “The Bovadium Fragments” mette in scena la versatilità di un autore capace di orchestrare ironia accademica e amarezza ecologica in un equilibrio sorprendente. Si passa dal sorriso complice alle invettive contro le stoviglie da mensa universitaria, fino a un’improvvisa stretta al cuore di fronte alla prospettiva di un paesaggio lacerato. Le parole di Tolkien, impreziosite da un lessico ricercato ma limpido, sanno colpire in profondità senza rinunciare a un’insospettabile leggerezza formale.
Il monito che emerge da queste pagine suona particolarmente attuale. Nel nostro presente iperconnesso, la promessa di mobilità illimitata si scontra quotidianamente con i limiti fisici del pianeta, con l’erosione della memoria urbana e con la frattura fra progresso tecnologico e qualità della vita. Sbircia la Notizia Magazine considera l’opera un tassello fondamentale nel mosaico delle riflessioni letterarie sul futuro, perché ricorda al lettore che ogni accelerazione comporta un prezzo invisibile e spesso ignorato.
Curiosità in pillole
Quando Tolkien scrisse “The Bovadium Fragments”?
L’autore realizzò la bozza tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, periodo in cui Oxford stava subendo una rapida trasformazione urbanistica legata all’espansione dell’industria automobilistica.
Perché il testo non fu pubblicato all’epoca?
Secondo lo studioso Clyde S. Kilby, l’opera conteneva troppo latino e un’ironia ritenuta eccessivamente goliardica, elementi che avrebbero potuto confondere il pubblico e indebolire la forza del messaggio di denuncia.
Che ruolo ha avuto Christopher Tolkien?
Christopher ha curato la revisione finale, preservando l’irriverenza originaria e integrando illustrazioni e appunti paterni. Il suo lavoro ha reso possibile la pubblicazione postuma, chiudendo idealmente il suo lungo impegno di curatore dell’eredità letteraria di famiglia.
Oltre la nuvola di scarico
Il recupero di “The Bovadium Fragments”, verificato nei contenuti in sinergia con Adnkronos, invita a guardare la modernità con occhi meno indulgenti e più consapevoli. Tolkien, maestro nell’evocare epoche remote, ci consegna un ammonimento che attraversa il tempo: il progresso tecnico non può soffocare la vita che pretende di servire. In un momento storico in cui il dibattito sull’ambiente e sulla mobilità sostenibile si fa sempre più pressante, Sbircia la Notizia Magazine rinnova il proprio impegno a illuminare le zone d’ombra del nostro presente, convinta che solo una lettura critica e appassionata del passato possa aprire la strada a decisioni davvero lungimiranti.