Cambiare faccia. Cambiarla ancora… E poi non riconoscersi più. Clayface, per molti, è “solo” un villain di Batman. In realtà è un’idea potentissima: il mostro d’argilla come metafora liquida dell’identità, della fama, del corpo usato come maschera. Oggi, nell’epoca dei filtri e dell’auto‑messa in scena, quel mito torna a bussare forte. E non è un caso che il personaggio sia al centro di un nuovo film DC: un horror corpo‑centrico, adulto, che mette al centro l’ossessione di rifarsi una vita… rifacendosi la faccia.

Le origini: un attore, una maschera, un coltello (1940)
Tutto comincia con Basil Karlo, attore di film horror. Anno 1940, Detective Comics #40: niente poteri, solo trucco prostetico, rancore e una maschera rubata a un suo vecchio ruolo. Un assassino “di scena”, geloso del remake che lo ha escluso. Il nome “Basil Karlo” è un omaggio ai mostri del cinema classico: Basil Rathbone e Boris Karloff. La suggestione nasce davvero lì, dentro la cultura pop del periodo.
La svolta mutaforma: Matt Hagen (1961)
Negli anni ’60, la leggenda si ricompone: arriva Matt Hagen. Un avventuriero cade in una pozza di protoplasma e diventa cera viva: corpo che fluttua, si allunga, copia volti, voci, abitudini. L’iconografia del “man of clay” – il mostro d’argilla che cambia forma – si fissa qui, su Detective Comics #298 (1961). Da quel momento, Clayface diventa davvero un mutaforma.
Gli anni bui: Payne e Fuller (’70-’80)
Preston Payne è l’incubo biologico: scienziato dei S.T.A.R. Labs afflitto da una malattia, cerca una cura con gli enzimi di Hagen e precipita nel meltdown – letterale e morale. Debutta tra il 1978 e il 1979, con l’origin story raccolta in Detective Comics #478–479. È la versione che trasforma Clayface in una tragedia del contagio.
Poi c’è Sondra Fuller, Lady Clay: terrorista di Strike Force Kobra, resa mutaforma dalla tecnologia del culto Kobra. Prima donna a portare il nome, è fondamentale perché riporta l’ossessione su immagine e potere (e perché non ha bisogno di ricariche: è stabilmente argilla viva). Esordisce su Outsiders #21 (1987).
Nel 1989, Grant e Breyfogle firmano The Mud Pack: tutti i Clayface insieme, con Basil Karlo che orchestra la gang come un regista crudele. La saga è un manifesto: Clayface non è “uno”, è una famiglia di mostri che rifrangono gli stessi temi.
La consacrazione pop: Batman: The Animated Series (1992)
Se oggi pensiamo a Clayface come a un attore sfigurato che perde sé stesso in un mare di fango, il merito è anche della serie animata degli anni ’90. Il dittico “Feat of Clay” fonde Karlo e Hagen in un arco da lacrime: dipendenza, crollo psicologico, identità che scivola via. Ron Perlman presta la voce al personaggio con un dolore cavernoso che è rimasto nel canone.
Videogiochi: quando il Joker… non è il Joker (2011)
Nei videogiochi Arkham, Clayface fa forse la sua mossa più audace: in Arkham City è l’ultimo boss travestito da Joker. Il colpo di scena spiega indizi seminati lungo il gioco (nessuno scheletro in “detector mode”, per i maniaci del dettaglio): un trucco magistrale che rende l’idea del personaggio – l’inganno come arte.
La parentesi di redenzione (2016–2018)
Con Rebirth, James Tynion IV porta Basil Karlo nella squadra “Gotham Knights” di Detective Comics: non solo mostro, ma uomo in lotta con sé stesso, capace di salvare e di farsi salvare. È una stagione importante perché dimostra che Clayface può essere dramma e non soltanto antagonista.
Il cinema (oggi): perché l’horror è la lingua giusta
La nuova fase DCU firmata Gunn/Safran ha scelto una strada chiara: Clayface sarà un horror. Regia a James Watkins (The Woman in Black, Speak No Evil), sviluppo partito da un’idea di Mike Flanagan (che in seguito ha lasciato il progetto mentre lo script passava in riscrittura), finestra d’uscita settembre 2026. Nelle ultime settimane la produzione ha avviato il set a Liverpool. Un dettaglio non solo logistico: Gotham come città industriale, umida, viscida. Perfetta per un mostro… d’argilla.
Il protagonista? Tom Rhys Harries, annuncio arrivato in estate dopo un casting molto competitivo e benedetto pubblicamente da James Gunn. L’angolo scelto, stando alle ricostruzioni dei trade, guarda alla versione Matt Hagen: un attore ambizioso, sfigurato, che cerca una scorciatoia biotecnologica e precipita in una metamorfosi senza ritorno. È la materia giusta per parlare di corpo, di dipendenze, di showbiz. E di menzogna.
Perché proprio l’horror?
Perché Clayface è body horror allo stato puro: pelle che cede, lineamenti che si riplasmano, identità che si sfalda. È il genere che meglio traduce visivamente il suo dolore.
Clayface in 7 passaggi (cronologia essenziale)
- 1940 – Basil Karlo (Clayface I): attore geloso, assassino senza poteri. Il nome è un tributo a Rathbone e Karloff. Debutto su Detective Comics #40.
- 1961 – Matt Hagen (Clayface II): la svolta mutaforma. Pozza di protoplasma, poteri a tempo. Detective Comics #298.
- 1978 – Preston Payne (Clayface III): la malattia che consuma. Detective Comics #478–479.
- 1987 – Sondra Fuller (Lady Clay): mutaforma permanente, ex Strike Force Kobra. Outsiders #21.
- 1989 – The Mud Pack: i Clayface uniti, Karlo come regista del male. Detective Comics #604–607.
- 1992 – BTAS “Feat of Clay”: il canone moderno, con la voce di Ron Perlman.
- 2016–2018 – Detective Comics: la redenzione possibile, squadra con Batman e Batwoman.
Perché ci riguarda (anche se non leggiamo fumetti)
- L’ossessione del volto. Karlo e Hagen sono due storie della stessa ansia: non bastiamo mai a noi stessi. Cambiare aspetto come scorciatoia per cambiare destino.
- Il lavoro come idolo. Inseguire un ruolo “giusto” fino a perdersi. È showbiz, ma è anche la vita di tutti.
- La menzogna come performance. Clayface “fa” il Joker in Arkham City e il mondo gli crede: oggi siamo tutti, un po’, attori dei nostri profili.
- Il corpo come campo di battaglia. Body horror non è gore fine a sé stesso: è parlare del corpo che parla. E che, a volte, urla.
Cosa guardare, leggere, giocare
- Fumetti: Detective Comics #40 (per capire la radice noir); Detective Comics #298 (la svolta mutaforma); The Mud Pack (#604–607, 1989); l’arco Rebirth di James Tynion IV (#934–981).
- Animazione: Batman: The Animated Series, “Feat of Clay” Part I & II (1992).
- Videogiochi: Batman: Arkham City (2011), per il twist finale.
- Cinema (in arrivo): Clayface di James Watkins (DC Studios), taglio horror, uscita prevista settembre 2026; riprese in corso a Liverpool.
Clayface sopravvive perché racconta noi: il desiderio di essere altro, subito, senza pagare il prezzo del tempo. È un mito che cambia pelle da ottant’anni e che nel 2026 potrebbe trovare al cinema la sua forma più radicale. Non per caso. Ma perché il mostro d’argilla è il nostro specchio: ci piace quando scivola, ci terrorizza quando si ricompone.