La notte tra il 20 e il 21 agosto ha trasformato il cielo sopra il Centro-Nord in un palcoscenico di acqua, fulmini e raffiche, dissolvendo in poche ore la quiete d’agosto e lasciando dietro di sé strade allagate, alberi spezzati e centinaia di richieste di soccorso.

Violenti rovesci dal Tirreno all’Adriatico
In meno di dodici ore i vigili del fuoco hanno eseguito oltre 430 interventi in Lazio, Toscana, Liguria, Veneto, Marche ed Emilia-Romagna. Il lavoro di soccorso si è concentrato soprattutto dove la linea temporalesca ha incrociato le zone più abitate, provocando danni a tetti, scoperchiando capannoni, abbattendo linee elettriche e trasformando marciapiedi in canali. La provincia di Roma ha registrato circa 100 chiamate d’emergenza, il litorale tirrenico tra La Spezia e Grosseto ha superato quota 200, mentre tra Pesaro Urbino e Rimini si contano altre 80 missioni. Nel padovano gli interventi sono stati 40, segno che il fronte perturbato ha attraversato senza soste l’intero arco peninsulare.
Il bilancio provvisorio, pur impressionante, sottolinea la reattività di un sistema di emergenza che non ha mai smesso di correre. Squadre rinforzate, turni raddoppiati e continui scambi di informazioni con Protezione Civile, forze dell’ordine e servizi sanitari hanno permesso di soccorrere automobilisti bloccati nei sottopassi, mettere in sicurezza abitazioni allagate e liberare strade ingombre di tronchi. Ogni telefonata raccontava un dramma diverso: un lucernario divelto, un semaforo in bilico, un balcone trasformato in cascata. Eppure, finora, nessuna vittima: il lavoro sinergico dei soccorritori ha evitato conseguenze più gravi, dimostrando che la preparazione può fare la differenza quando la natura decide di colpire con tanta violenza.
Roma, alberi divelti e strade trasformate in torrenti
Nella Capitale il temporale è arrivato all’improvviso, scortato da un rombo ininterrotto di tuoni. Dalle 2 di notte le squadre del comando provinciale si sono fatte largo tra alberi caduti, cartelloni piegati e tegole volate via. Il quadrante sud-est, da Tor Bella Monaca fino a Centocelle, ha patito le folate più rabbiose, mentre sul litorale, da Fregene a Ostia, il vento ha sollevato le mareggiate spingendo l’acqua fino ai lungomare. Per qualche ora Roma ha smesso di essere metropoli per tornare un’isola assediata dall’acqua, con conducenti fermi sotto i cavalcavia a sperare che il livello calasse e cittadini svegliati dal boato dei rami infranti sui tetti.
L’intensità del nubifragio può essere letta nei numeri: oltre 100 interventi portati a termine in poche ore, la maggior parte per liberare vie di scorrimento e mettere in sicurezza cornicioni pericolanti. Hydrojet e motopompe hanno prosciugato box sotterranei invasi da oltre mezzo metro di acqua piovana, mentre i tecnici dell’illuminazione pubblica correvano a isolare quadri elettrici in cortocircuito. Nei palazzi si commentava il fragore come in un racconto d’infanzia, ma fuori la città lottava davvero. All’alba, quando la pioggia ha concesso una tregua, sono rimaste pozzanghere profonde e il traffico rallentato, però la viabilità è tornata agibile e l’aeroporto di Fiumicino ha potuto garantire decolli e atterraggi regolari.
Allerta a Venezia: calli e campielli sommersi
Più a nord, sotto un cielo che sembrava trapunto di spilli luminosi, Venezia ha dovuto fare i conti con un’insolita piena estiva. Le precipitazioni torrenziali hanno saturato in pochi minuti i canali minori, spingendo l’acqua a traboccare e a invadere calli, campielli e fondaci. Il Centro operativo comunale, convocato d’urgenza, ha schierato squadre di Protezione Civile e agenti della polizia locale per presidiare le zone più basse, posizionare motopompe e delimitare i punti di maggiore pericolo. La città lagunare, abituata a convivere con la marea, ha percepito comunque la minaccia come qualcosa di diverso: un’inondazione improvvisa e orizzontale, arrivata dall’alto anziché dal mare.
L’amministrazione ha invitato residenti e turisti a spostarsi solo se indispensabile, a controllare i locali interrati e a tenersi lontani dalle aree già sommerse, mentre aggiornamenti costanti venivano diffusi attraverso i canali istituzionali. Nei sestieri di Castello e Santa Croce l’acqua ha superato in alcuni punti i gradini di ingresso, costringendo esercenti a sollevare rapidamente la merce. I suoni tipici della laguna – il rintocco delle campane, lo sciabordio dell’acqua contro le gondole – si sono mischiati al gorgoglio dei tombini ingolfati. Nonostante la criticità, nelle prime ore del mattino non si segnalano feriti né danni strutturali gravi, grazie anche alla rapidità della rete di monitoraggio.
Toscana messa alla prova: Prato, Grosseto e l’Elba
Le nuvole cariche d’acqua hanno colpito la Toscana con particolare durezza, portando a una sequenza di 109.000 fulminazioni in appena mezza giornata, un dato che il presidente regionale Eugenio Giani ha definito “eccezionale”. Tra le province di Prato e Grosseto il maltempo ha costretto i vigili del fuoco a incrementare il personale in turno e a lavorare fianco a fianco con i volontari per fronteggiare alberi crollati, linee elettriche interrotte e allagamenti in edifici pubblici e abitazioni private. In quelle ore la solidarietà di una comunità abituata a reagire è diventata il più potente dei generatori, con ristoratori che offrivano riparo agli automobilisti bloccati e condomìni che aprivano i cancelli per ospitare chi non poteva rientrare a casa.
A Prato, l’acqua ha invaso un ristorante trascinando sedie e stoviglie verso l’ingresso, finché i clienti non sono stati accompagnati all’esterno e messi in salvo; poche ore dopo, ad Albinia, un’automobile è rimasta sommersa in un sottopasso e il conducente è stato estratto con rapidità prima che l’acqua raggiungesse il parabrezza. Nel comune di Grosseto le squadre hanno salvato un adulto e alcuni adolescenti imprigionati in un’auto, mentre a Follonica e Castiglione della Pescaia alberi caduti hanno bloccato le carreggiate e provocato incendi a quadri elettrici. Ovunque, la prontezza degli operatori ha trasformato potenziali tragedie in storie a lieto fine, confermando quanto sia essenziale investire in prevenzione e nella formazione di chi interviene sul campo.