Sul Vesuvio la battaglia contro il fuoco mostra i primi segnali di tregua: i fronti più aggressivi arretrano, mentre uomini e mezzi restano schierati senza sosta. La prudenza rimane d’obbligo, ma l’ottimismo cresce tra quanti, da terra e dal cielo, continuano a difendere il vulcano e le comunità circostanti.

Scenari di terra e di cielo
Al suolo, le squadre dell’Esercito Italiano – in particolare la Brigata Garibaldi – hanno messo in campo bulldozer cingolati, autocarri e motoseghe, scolpendo la vegetazione addossata ai crinali del vulcano per aprire nuove piste d’accesso. Questi corridoi, progettati come vere e proprie linee di contenimento, isoleranno le eventuali riprese di fiamma e consentiranno ai veicoli antincendio di raggiungere zone finora proibitive. La loro opera, faticosa e continua, prosegue senza interruzioni dalla notte scorsa, nel costante rumore di motori e catene che fendono il sottobosco incenerito.
In parallelo, dal cielo, i Canadair della flotta nazionale disegnano traiettorie regolari sopra il cono del Vesuvio, caricando acqua in mare per poi rilasciarla con precisione chirurgica sui focolai che ancora ardono. Alle sortite degli aerei si affiancano gli elicotteri della Regione Campania, più agili nel penetrare tra i valloni stretti: con serbatoi appesi a cavo, ripetono lanci ravvicinati, tamponando ogni ripresa del fuoco. Il coordinamento fra equipaggi di volo e squadre terrestri—guidato dalla Protezione Civile—resta il cardine dell’operazione, garantendo interventi tempestivi sui punti più caldi.
Il punto del prefetto: prudenza e determinazione sul campo
Il prefetto di Napoli, Michele Di Bari, ha riassunto l’andamento dei lavori con parole che uniscono cauto ottimismo e senso di responsabilità. Secondo quanto riferito, la situazione appare in costante miglioramento, grazie al mantenimento di identico dispiegamento di forze impiegato nella giornata precedente. Le aree in cui le fiamme sono state domate vengono subito prese in carico dalle squadre di bonifica, impegnate a verificare eventuali braci nascoste e a ripulire il terreno da tronchi fumanti, operazioni indispensabili per scongiurare nuove accensioni innescate dal vento.
Nel descrivere il quadro aggiornato, il prefetto ha sottolineato che sono già state realizzate almeno cinque, forse sei, piste tagliafuoco, vale a dire strade tracciate nella vegetazione carbonizzata che spezzano la continuità del combustibile. Queste barriere, frutto di un lavoro definito «alacre», saranno progressivamente estese in funzione dell’evoluzione dei vari fronti. Evitare qualsiasi forma di compiacimento è la linea guida: fino a quando non sarà dichiarato lo spegnimento definitivo, uomini e macchine rimarranno allertati, pronti a fronteggiare qualunque recrudescenza del rogo.
Verso la bonifica e la messa in sicurezza definitiva
Con i focolai principali ormai ridimensionati, l’attenzione si sposta sulla fase di bonifica, tassello cruciale per restituire stabilità all’area protetta del Parco del Vesuvio. Le squadre specializzate rastrellano i pendii, smuovono il terreno e spengono con getti mirati ogni cumulo di detriti ancora caldo. La bonifica non è meno complessa dello spegnimento: occorre eliminare qualsiasi radice carbonizzata che, sotto la cenere, potrebbe riprendere vita alla prima folata di scirocco. Lo stesso prefetto ha ricordato che la vigilanza proseguirà anche dopo la chiusura ufficiale dell’emergenza.
Parallelamente, le piste tagliafuoco appena inaugurate vengono consolidate; dove il suolo è friabile si stendono reti di contenimento, mentre i punti di osservazione vengono dotati di sistemi di comunicazione rapidi per segnalare anomalie. Protezione Civile, Esercito ed enti locali lavorano in sinergia per definire un perimetro di controllo che abbracci l’intera cintura del vulcano. Solo una vigilanza costante, potenziata da mezzi adeguati e dall’esperienza degli operatori, potrà garantire che il ritorno alla normalità sia duraturo, salvaguardando il patrimonio naturale e le comunità del territorio.