Il Vesuvio ha vissuto un’altra notte d’angoscia: le fiamme, innescate giorni fa, continuano ad arrampicarsi sui suoi versanti, sfidando uomini e mezzi impegnati senza sosta. Il pericolo rimane concreto, ma il dispositivo di soccorso dispiegato nelle ultime ore lascia intravedere segnali di speranza.

Le ore più difficili tra Torre del Greco e Trecase
Il nuovo fronte di fuoco emerso fra Torre del Greco e Trecase ha tenuto con il fiato sospeso residenti e soccorritori. A poca distanza sorge un’azienda pirotecnica; per evitare rischi, l’intero deposito di materiale esplodente è stato trasferito altrove in via precauzionale. L’intervento coordinato da terra ha circondato il perimetro in tempi rapidi, impedendo alla lingua di fuoco di insinuarsi nell’area abitata. L’episodio, tuttavia, conferma quanto sia fragile l’equilibrio che separa la montagna dalla tragedia, a quattro giorni dall’inizio dell’emergenza.
La riunione operativa convocata sul posto dal prefetto di Napoli, Michele di Bari, ha delineato un quadro complesso ma in graduale evoluzione. I fronti attivi restano tre: Terzigno, Torre del Greco e Ottaviano. Sebbene le fiamme si muovano in zone impervie, al momento non risultano abitazioni minacciate direttamente. Sul versante vesuviano, 80 vigili del fuoco, affiancati da decine di volontari, continuano a presidiare ogni varco della vegetazione ridotta in cenere, mentre il caldo torrido ostacola il lavoro e alimenta nuove scintille.
Un dispiegamento di mezzi senza precedenti
All’alba sono decollati quattro Canadair della flotta statale, coadiuvati da elicotteri antincendio, impegnati in una sequenza di lanci che ha già superato quota duemila dall’inizio dell’emergenza, versando oltre otto milioni di litri di estinguente. Il continuo rifornimento d’acqua, scandito da un ronzio costante sui cieli del Golfo, rappresenta il respiro collettivo di chi osserva il vulcano e spera. Nel frattempo l’Esercito ha aperto cinque piste tagliafuoco, fondamentali per interrompere l’avanzata delle fiamme verso la macchia mediterranea ancora intatta da minaccia.
A rafforzare il contingente, nelle ultime ore sono arrivate quattro squadre dal Friuli Venezia Giulia, mentre il governatore del Veneto, Luca Zaia, conferma il mantenimento di tre unità specializzate almeno sino a mercoledì, pronte a rimanere più a lungo se la situazione dovesse peggiorare. Complessivamente operano sul campo circa 350 persone, tra professionisti e volontari, coordinate dal Dipartimento della Protezione Civile. Una macchina logistica imponente che, nonostante turni massacranti, continua a garantire la copertura di ogni focolaio, senza alcuna tregua.
Il fronte giudiziario e le ombre del dolo
Mentre i mezzi antincendio lavorano, la task force investigativa dei Carabinieri setaccia tabulati, testimonianze e immagini per risalire all’origine dei roghi. L’inchiesta della procura di Nola ipotizza l’azione dolosa o la condotta gravemente negligente di più soggetti. La sensazione, condivisa da molti, è che dietro l’inferno vesuviano vi sia una mano ben più pericolosa della semplice fatalità. Lo conferma l’arresto, nell’Avellinese, di un uomo ripreso mentre appiccava un focolaio a Montemiletto poco dopo la diffusione del video in rete social.
Il sospetto di una regia criminale si estende anche oltre i confini campani. In Abruzzo, il direttore regionale della Protezione Civile, Maurizio Scelli, parla apertamente di «mano criminale» dietro gli incendi che oggi hanno divorato oltre novanta ettari nella Marsica. Il Centro Operativo Aereo Unificato ha ricevuto venti richieste di supporto aereo da sei regioni: sette dalla Campania, quattro dalla Calabria, tre rispettivamente da Lazio e Abruzzo, due dalla Basilicata e una dalla Sicilia, confermando l’estensione dell’allarme boschivo su tutto il Paese.