Una colonna di veicoli bloccati tra Orte e la diramazione Roma Nord, il caldo torrido di metà agosto e un’autocisterna in fiamme hanno trasformato l’A1 in una trappola rovente per migliaia di persone.

La lunga attesa sotto il sole
Restare fermi per ore con 42 gradi che picchiano sull’asfalto è diventato, nel pomeriggio, l’incubo condiviso da famiglie, pendolari e turisti in viaggio verso la capitale. Chi aveva l’aria condizionata ha scelto di tenere il motore acceso, consumando carburante pur di respirare un po’ di refrigerio; chi non poteva farlo ha cercato rifugio all’ombra di guard-rail roventi o dei pochi alberi a bordo strada. I volontari della protezione civile, chiamati in tutta fretta, hanno distribuito piccole scorte d’acqua, ma la mole di auto accodate ha superato di molto la capacità di assistenza immediata: molti automobilisti hanno raccontato di non aver ricevuto neppure una bottiglietta, amplificando la sensazione di abbandono in un pomeriggio che sembrava non finire mai.
«Siamo qui fermi da più di due ore e non sappiamo cosa fare», ha scritto su un social Angelo Angius, bloccato con la sua famiglia in direzione Roma. Il suo sfogo fotografa la frustrazione di centinaia di persone che, pur vicinissime alla capitale, si sono sentite isolate come nel deserto. Molti temevano di dover trascorrere la notte in autostrada, senza indicazioni su tempi e modalità di riapertura. Il fruscio dei condizionatori, l’odore di freni surriscaldati e il riflesso accecante dell’asfalto hanno creato un’atmosfera sospesa, mentre la fila continuava a ingrossarsi dietro alla cisterna ancora avvolta da fumi e timori.
Dal rogo ai soccorsi: come si è evitato il peggio
Le fiamme si sono sprigionate all’altezza del chilometro 525 quando l’impianto frenante dell’autocisterna, carica di Gpl, ha ceduto sotto lo stress termico. L’incendio, pur violento, non ha raggiunto il serbatoio del gas grazie alla rapidità dei vigili del fuoco, accorsi con squadre specializzate in sostanze infiammabili. Prima di intervenire sul mezzo, i pompieri hanno dovuto attendere il raffreddamento della struttura metallica: una precauzione indispensabile per evitare esplosioni. Solo dopo diversi minuti, e con una colonna di fumo che si alzava visibile a chilometri di distanza, il rogo è stato spento.
La messa in sicurezza, però, non si è conclusa con l’estinzione delle fiamme. Per spostare il camion dalla carreggiata si è reso necessario organizzare un travaso completo del gas in un’altra cisterna. Una procedura lunga, meticolosa e inevitabile, che ha richiesto l’arrivo di tecnici specializzati e la predisposizione di un’area sterile intorno al mezzo. Solo a operazioni concluse l’autostrada avrebbe potuto tornare agibile, ma nel frattempo la chiusura totale si è protratta, alimentando ulteriormente la coda e l’esasperazione degli automobilisti.
Le chiusure progressive e le ripercussioni sul traffico
In un primo momento, intorno alle 16.15, la società autostradale aveva bloccato soltanto il tratto compreso tra Ponzano Romano e la diramazione Roma Nord in entrambe le direzioni. L’intenzione era di effetto tampone, ma la presenza di gas liquido e il rischio di esplosione hanno spinto le autorità ad ampliare drasticamente il perimetro di sicurezza: la barriera è stata estesa a un segmento di 40 chilometri, da Orte fino all’ingresso nella capitale. La decisione, seppur necessaria, ha avuto conseguenze immediate su tutto il corridoio nord-sud.
Con il progredire della chiusura, la coda ha raggiunto dimensioni imponenti: quattro chilometri in direzione Roma, due verso Firenze, e punte di dieci chilometri nel tratto interno allo sbarramento. Il blocco è caduto in piena settimana di Ferragosto, quando il traffico vacanziero tocca l’apice annuale. Autobus turistici, tir, mezzi refrigerati e auto familiari hanno condiviso la stessa sorte, creando un tappo che ha rallentato la circolazione sull’intera dorsale italiana. I tabelloni luminosi consigliavano uscite alternative, ma le strade provinciali non hanno retto la deviazione di un flusso tanto imponente.
Precedenti recenti: un’estate di incidenti in A1
Pochi giorni prima, sempre sull’A1 ma più a nord, tra i caselli di Arezzo e Valdarno, un violento tamponamento aveva coinvolto un’ambulanza della Misericordia di Terranuova Bracciolini. Il mezzo di soccorso era rimasto schiacciato fra due camion e altre vetture, provocando tre vittime e quindici feriti. L’impatto aveva costretto alla chiusura completa della carreggiata verso Milano per otto ore, spaccando letteralmente in due il Paese. L’episodio, già drammatico, aveva acceso l’attenzione su sicurezza, manutenzione e traffico eccessivo lungo l’arteria autostradale più importante d’Italia.
La serie di eventi ha tracciato un filo rosso inquietante sull’estate italiana: veicoli pesanti, temperature estreme e flussi record di viaggiatori sono diventati una combinazione ricorrente e pericolosa. L’autostrada, pensata per collegare Paese e città, si è trasformata più volte in un imbuto di emergenze. Le autorità stanno valutando interventi di prevenzione, ma intanto ogni nuovo incidente trova un’infrastruttura già stressata da lavori, cantieri e volumi di traffico eccezionali, moltiplicando i disagi e la percezione di insicurezza fra gli utenti.
Ripercussioni sulla mobilità ferroviaria nello stesso pomeriggio
Mentre l’A1 restava paralizzata, le Marche hanno vissuto un diverso ma significativo stop ai trasporti: il Frecciarossa 89033 diretto da Milano a Lecce, con circa 460 passeggeri a bordo, ha investito mortalmente un uomo tra Marzocca e Montemarciano, poco prima delle 17.30. La circolazione ferroviaria è stata sospesa per consentire i rilievi, bloccando altri treni ad alta velocità sulla stessa linea adriatica. L’incidente ha dimostrato quanto fragile possa essere il sistema dei trasporti quando più criticità si sovrappongono nello stesso giorno.
I viaggiatori rimasti a bordo dei convogli fermi, in molti casi senza informazioni chiare sui tempi di ripartenza, hanno vissuto un disagio parallelo a quello degli automobilisti sull’A1. Pulmini di assistenza di Rete Ferroviaria Italiana hanno distribuito acqua e generi di conforto, ma l’attesa prolungata ha creato tensione. In poche ore l’Italia centrale si è trovata con arterie stradali e ferroviarie rallentate o interrotte, ricordando a tutti che sicurezza e manutenzione non sono mai semplici voci di capitolo, bensì questioni di vite e tempi reali.